immigrazione – Radio Ciroma http://www.ciroma.org Fri, 13 Oct 2023 19:44:20 +0200 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.24 L’anima solidale di Riace tornerà ad ardere, con la forgia di mastro Bruno http://www.ciroma.org/lanima-solidale-di-riace-tornera-ad-ardere-con-la-forgia-di-mastro-bruno/ Sun, 28 Jun 2020 16:11:54 +0000 http://www.ciroma.org/?p=7873  Ricordare Peppe Valarioti, Giovanni Losardo e tutte le altre vittime innocenti della 'ndrangheta era ed è un dovere. Civico, democratico e morale. Durante questo mese abbiamo deciso di raccogliere quante più testimonianze possibili per ripercorrere quel ventennio a cavallo tra gli anni '70 e '80, che ha segnato l'inesorabile ascesa della mafia calabrese a livello globale. Terribile e sanguinario virus politico, sociale ed economico.

Oggi abbiamo il piacere e l'orgoglio di condividere una bella storia, che si sta iniziando a scrivere proprio adesso. Nel momento in cui un altro brutto virus sembra allentare la morsa, e si dice che tutto il Paese debba ripartire post quarantena generale.

Questo fine settimana siamo stati a #Riace, perché Mimmo Lucano si è messo in testa un'altra idea "bizzarra" delle sue. Insomma, oltre gli schemi. E non potevamo non essere al suo fianco.

Le botteghe solidali al momento sono chiuse, ma potrebbero a breve potrebbero riaprire. Più di due terzi di rifugiati sono andati via. Ne restano una sessantina a cui lui solo ha provato a dare sostegno e assistenza durante il lockdown. Eppure il Villaggio Globale, anima del borgo - che rimane dell'accoglienza perché Mimì anche da comune cittadino battagliero le porte non le chiude a nessuno - presto potrebbe tornare a vivere. Durante la pandemia sono nati 7 bambini, e altri 4 stanno per arrivare. Cittadini di Riace, d'Italia, d'Africa e del mondo.

La bella storia è questa. Qui, in mezzo ai vicoli, c'è un rudere abbandonato che un tempo era la forgia di Mastro Bruno, che nacque a Riace dove il padre fabbro si era trasferito più o meno intorno alla fine dell'800 da Serra San Bruno. Molto devoti ai Santi Cosma e Diamiano, numerosi abitanti delle Serre Vibonesi si sono recati a Riace per celebrare questo culto.

Così, di padre in figlio si è tramandato questo antico mestiere artigiano. La forgia serve per lavorare e modellare il ferro, realizzare pentole e utensili per la cucina, costruire e riparare i ferri dei cavalli e degli asini. I famosi asinelli finiti nel mirino della Procura di Locri perché la Cooperativa Eco-Riace effettuava la raccolta porta a porta dei rifiuti nei vicoli stretti del borgo. Secondo i giudici, però, la cooperativa era "fuori legge" perché non iscritta in un presunto Albo regionale per la raccolta rifiuti, all'epoca peraltro inesistente. A Riace si pensa che gli asinelli potrebbero anche rappresentare un'attrazione turistica per fare il giro del borgo in groppa a un ciuchino, per la gioia dei più piccoli, e non solo.

Ma torniamo alla nuova "mission" di Mimmo: rimettere in funzione la forgia, per consentire riparazioni e lavorazioni a disposizione del circondario, provare a rimettere in moto una qualche forma di economia. Con una ciliegina sulla torta, anzi un "gioiellino", chiamare un orafo a dare lezioni ai ragazzi rimasti a Riace per produrre oggettistica da vendere anche su internet.

Siamo venuti a dare una mano a Mimmo insieme ai volontari della rete #CosenzaSolidale che vogliono contribuire a questo nuovo progetto.

Dopo 40 anni, questo remoto angolo di Calabria è quello che più e meglio rispecchia l'anima etica e sociale di #PeppeValarioti, #GianninoLosardo e tutti coloro che si sono battuti a testa alta per la difesa e il progresso giusto di questa terra. Per questo siamo venuti qui, per tornare ad accendere, prima possibile. la fiamma solidale di Riace, tramite la forgia di Mastro Bruno.

#NOINONCIPIEGHEREMO

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Noi non ci piegheremo: Ciroma ricorda Peppe Valarioti e Giovanni Losardo http://www.ciroma.org/noi-non-ci-piegheremo-radio-ciroma-ricorda-peppe-valarioti-e-giovanni-losardo-da-40-anni-senza-giustizia/ Sat, 30 May 2020 14:03:48 +0000 http://www.ciroma.org/?p=7840 C’è un pezzo importante della storia d’Italia, storia recente e fondamentale da studiare e conoscere, che viene ricordata e celebrata con iniziative istituzionali ma che non è menzionata sui libri di scuola. Abbiamo da poco ricordato la Strage di Capaci a 28 anni da quel 23 maggio 1992. Quando tutta Italia si rese conto della guerra in atto tra Cosa Nostra, la mafia siciliana dei Totò Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella e Matteo Messina Denaro contro il cuore sano della nostra Repubblica. Eppure già 10 anni prima il 30 aprile 1982, sempre quel gruppo di uomini "selvaggi e ignoranti", per loro stessa ammissione, si erano sbarazzati di Pio La Torre. Già segretario del PCI in Sicilia, deputato e dirigente nazionale del partito, padre della legge antimafia e del movimento a favore della pace e del disarmo, contro la base missilistica NATO di Comiso, in provincia di Ragusa.

Una storia analoga e altrettanto importante, la scriveva in Calabria, in quegli stessi anni, un gruppo di ragazzi, ispirati da ideali di libertà e giustizia sociale. Dato che ricorre un anniversario importante, proveremo a ricostruirla qui e a condividere insieme una bella pagina di politica in difesa dei più poveri in una delle regioni più povere d’Europa.

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Peppe è giovane, ma non è un ragazzo come gli altri suoi coetanei. Non si limita ad abitare i luoghi in cui è nato. Li vive appieno, li studia. Legge, riflette, ricerca, ripercorre la storia, si documenta su ogni cosa lo circondi. Nutre un forte amore per la conoscenza, per il sapere e per la sua terra che ripercorre, ogni volta che può, in lungo e in largo con Carmela, la sua fedele e inseparabile compagna. Di idee, di principi, di valori, di vita. Non c’è mezza giornata libera dal lavoro nei campi con la sua famiglia, o dalle ore di supplenza a scuola, che Peppe non vada a prenderla con la sua 126 verde. Si mette in moto in quei pochi chilometri di strade di campagna che separano Rosarno da San Ferdinando, dove abita lei, e insieme passano le ore più belle a passeggiare e chiacchierare tra resti archeologici, scorci di verde e promontori a picco sul mare della costa tirrenica, tra Palmi e Vibo.
“Dietro ogni pietra Peppe vedeva la storia e la condivideva con me”, ricorda Carmela. Era appassionato di storia dell’arte e avrebbe voluto riscrivere i manuali scolastici, inserendo pagine di storia regionale, perché diceva che è impensabile “non conoscere l’importanza della nostra terra”.

Peppe Valarioti era uno studioso di filosofia e storia dell’arte. Voleva fare l’insegnante, per un po’ ci è riuscito. Ma era soprattutto un uomo per bene, di sani e robusti principi.
Unico figlio maschio, con 3 sorelle, a cui era fortemente legato. Una famiglia umile, la sua, di contadini, che secondo la cultura per lo più meridionale, vedeva i figli maschi come una fortuna, un’opportunità di emancipazione, sociale e culturale. Una famiglia profondamente cattolica da cui Peppe riceve cura e amore, che lui stesso rivolge ai suoi nipoti, spronandoli a rispettare i doveri e a studiare. Convinto e consapevole che fosse la conoscenza l'unica arma per sopravvivere al meglio in quell'ambiente dove, a separare le case delle persone perbene da quelle dei boss, non erano “100 passi” ma un tramezzo. Spesso muro a muro col proprio vicino. In un piccolo comune di circa 12 mila abitanti e oltre 500 affiliati ai clan. Che già allora, negli anni ‘70, sfruttavano i poveri contadini nei campi che avevano faticosamente conquistato grazie alla riforma agraria, negando loro i frutti del raccolto di agrumi e olive.

Lui, che era contrario a ogni ingiustizia e forma di sfruttamento, andava in giro diffondendo le sue idee di giustizia sociale, diritti e libertà. Non era disposto a tacere. Ed è così che nel suo cammino incontra Peppino Lavorato che rimane subito colpito e affascinato dal fuoco sacro che bruciava negli occhi del giovane Valarioti e, d’accordo con gli altri compagni di partito, lo eleggono segretario della sezione del PCI di Rosarno.
Una notevole responsabilità per Peppe, nonostante i dubbi della sua famiglia, che non vede molto di buon occhio quell’impegno politico, che Peppe sposa come causa personale. I suoi genitori sapevano bene che il ragazzo non si fermava davanti a niente pur di difendere la povera gente. Un giorno, durante la campagna elettorale infuocata che lo vede poi eletto consigliere comunale, nel 1979, dal palco di un comizio urla chiaro e tondo:
“Se pensano di intimidirci non ci riusciranno, i comunisti non si piegheranno mai”.

Peppe Valarioti viene ucciso, con due colpi di lupara, la notte tra il 10 e l’11 giugno 1980, dopo la cena di festeggiamento per l’ottimo risultato del PCI alle elezioni politiche e locali. Muore nella macchina di un compagno, tra le braccia di Peppino Lavorato, in una corsa disperata verso l’ospedale di Gioia Tauro.

Un decennio maledetto e nero per la Calabria. Iniziato con la Città dello Stretto messa a ferro e fuoco dal movimento dei "Boia chi molla" in protesta furiosa contro lo spostamento del capoluogo di regione a Catanzaro. Che negli anni a venire ha visto i primi finanziamenti per la costruzione del polo siderurgico di Gioia Tauro e dell'autostrada Sa-Rc interessare quelle aree arretrate, a prevalenza agricola. Bottino altamente appetitoso per i clan della zona, che avevano la possibilità di passare dal controllo dell'agricoltura al movimento terra.  

Dieci giorni dopo l'omicidio di Valarioti, il 22 giugno, a Cetraro, comune dell’Alto Tirreno Cosentino, viene ucciso un altro esponente comunista. Si chiama Giovanni Losardo, era funzionario della procura della Repubblica di Paola e assessore all'Istruzione del Comune di Cetraro, incarico che aveva scelto dopo aver guidato lui stesso quel municipio tra il ’76 e il ‘78 e aver ricoperto anche l'assessorato ai Lavori pubblici. Amministratore secondo qualcuno "troppo" integerrimo e ligio alla trasparenza e al rispetto delle regole, durante i suoi mandati Losardo cercò di contrastare gli affari illeciti del clan Muto che controllava il commercio ittico e gli appalti, tra cui il progetto di potenziamento del porto di Cetraro.

Sono passati 40 anni da quelle tragedie rimaste senza giustizia, ma di cui è ben chiara la matrice mafiosa e ‘ndranghetistica. Due storie senza giustizia e senza memoria. Quasi del tutto estranee dalla narrazione antimafia del nostro Paese. A conferma del fatto che, alcune zone del sud Italia, sono sempre state vittime, oltre che di un vuoto di Stato, anche di un vuoto di attenzione e narrazione, da parte di media e opinione pubblica.
Eppure la lotta alla ‘ndrangheta ha radici antiche e parla di lotte di classe e bracciantili, a difesa dei contadini di allora. Contro padrini, padroni e caporali. Una lunga linea retta che porta ai nostri giorni, in cui i braccianti hanno solo cambiato colore della pelle. Quella dei lavoratori stagionali che vengono per lo più dal continente africano e dal Medio Oriente.

Per questo la neo trentenne Radio Ciroma, piccola emittente libera e comunitaria, nata a Cosenza nel febbraio del 1990, ha deciso di ricordare ciò che è avvenuto in Calabria 40 anni fa.
Di rispolverare la storia e l’impegno di Peppe Valarioti e Giannino Losardo, due uomini per bene, due politici onesti. Insieme a loro tante altre storie, da quella di Rocco Gatto il mugnaio con la tessera del PCI, ucciso a Gioiosa Jonica il 12 marzo 1977, a quelle più recenti come Giuseppe Tizian e Lollò Cartisano, tra le centinaia di vittime innocenti della ‘ndrangheta. L’organizzazione mafiosa più potente e ramificata al mondo.

Sui canali online e social di Radio Ciroma condivideremo contributi e testimonianze video, fino a un grande evento live con interventi e interviste, che si terrà per forza di cose in streaming, nel rispetto delle normative anti coronavirus.

Seguendo l’insegnamento di Peppe Valarioti: “Se non lo facciamo noi, chi lo farà?”.

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Studenti senza Frontiere http://www.ciroma.org/studenti-senza-frontiere/ Tue, 25 Sep 2018 07:09:30 +0000 http://www.ciroma.org/?p=6941

Si chiama “Studenti senza frontiere” e punta all’integrazione degli studenti internazionali dell’Università della Calabria, il progetto di Servizio Civile Universale presentato dall’Associazione culturale Entropia per l’anno 2018. Il progetto coinvolgerà quattro volontari in attività di welcoming ed organizzazione di iniziative interculturali, in collaborazione con la rete dei partners coinvolti.

Il Bando per la selezione dei volontari scade il 28 settembre. Possono partecipare i giovani dai 18 ai 29 anni (non compiuti). Per avere informazioni aggiuntive sul progetto, sui requisiti e le modalità di partecipazione, è possibile contattare direttamente l’Associazione Culturale Entropia presso il DAM (Polifunzionale Unical) o visitare il sito entropiaunical.blogspot.com

Il Servizio Civile Nazionale opera nel rispetto dei principi della solidarietà, della partecipazione, dell’inclusione e dell’utilità sociale nei servizi resi, anche a vantaggio di un potenziamento dell’occupazione giovanile. Rappresenta quindi un’opportunità di formazione sul campo, un’occasione unica per i tanti giovani che scelgono di impegnare un anno della propria vita a favore degli altri. Diventare volontario del Servizio Civile è un modo concreto per contribuire attivamente alla costruzione di una società più inclusiva e solidale.

Ospite di Appunti di Sopravvivenza Daniela Ielasi dell'Associazione Entropia ci ha descritto meglio il progetto. Buon Ascolto.

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Isola di Lesbo, Grecia. La notte di violenza fascista contro la manifestazione dei migranti dell’Hotspot http://www.ciroma.org/isola-di-lesbo-grecia-la-notte-di-violenza-fascista-contro-la-manifestazione-dei-migranti-dellhotspot-2/ Thu, 26 Apr 2018 11:48:36 +0000 http://www.ciroma.org/?p=6632 Il 23 aprile la polizia greca ha sgomberato l’occupazione della piazza principale di Mytelene, nell’isola di Lesbo.


theguardian.com

La manifestazione, organizzata da un gruppo di famiglie di nazionalità prevalentemente afghana, era cominciata da mercoledì 18, quando, nella sera di lunedì, i migranti sono stati violentemente assaliti da 200 militanti di estrema destra. Questi ultimi si erano riuniti in solidarietà di due soldati greci detenuti in Turchia, e verso le ore 20 hanno raggiunto l’area presieduta dai manifestanti provenienti dal campo profughi di Moria, esordendo con insulti e affronti.

La situazione è degenerata nel corso della notte (i ripetuti attacchi sono durati per una decina di ore), l’aggressione verbale è mutata in un’incontenibile violenza perpetrata dai militanti di destra con lanci di bottiglie, numerosi petardi e sassi. Diverse persone sono state condotte d’urgenza all’ospedale dell’isola. “Bruciamoli vivi”: è stata la frase urlata da uno degli aggressori quando un’attivista, solidale con i migranti, ha segnalato la presenza di bambini tra i manifestanti, intorno ai quali, nel frattempo, si era formato un cordone umano con l’intento di proteggerli. Verso le 21, la chiamata di solidarietà diretta agli altri residenti del campo di Moria, è stata prontamente troncata dall’azione della polizia, che ha sbarrato l’uscita dall’Hotspot a coloro che intendevano raggiungere la piazza dove stavano avendo luogo le aggressioni. Da evidenziare, durante l’intera durata dell’attacco fascista ai danni dei manifestanti, è stato il ruolo delle forze dell’ordine presenti sul posto, che sono rimaste spettatrici immobili, salvo qualche timido tentativo a singhiozzo di allontanare di pochi metri gli aggressori.

Nessuno di questi ultimi è stato arrestato, non c’è stato alcun tipo di provvedimento nei loro confronti e la situazione è stata infine “risolta” dalla polizia quando, verso le 5 del mattino, i migranti sono stati forzatamente caricati su alcuni pullman per essere tradotti al campo di Moria. La stragrande maggioranza dei media greci e di quelli internazionali ha trattato la notizia con la medesima retorica impiegata nel caso dell’esercito israeliano che spara deliberatamente su manifestanti pacifici; è stata diffusa, infatti, una versione distorta: come se a Lesbo gli scontri si siano dispiegati violentemente tra due fazioni di simile entità, dove, per intenderci, non si sia capito bene chi abbia scagliato la prima pietra. L’attacco fascista ha visto una reazione di eccezionale calma e autocontrollo da parte dei manifestanti aggrediti, una reazione che alcuni testimoni oculari hanno definito gandhiana.


(Il video che testimonia le aggressioni della nottata del 23 aprile, i lanci dei sassi e le esplosioni dei petardi)
Nelle isole greche dell’Egeo, a ridosso della Turchia, la situazione è degenerata al punto che i principi della UE rispetto ai diritti fondamentali dell’uomo vengono sistematicamente violati. L’accordo del 18 marzo 2016 tra l’Unione Europea e la Turchia, accettato di buon grado dal governo di Syriza, prevede che i migranti, approdati sulle coste delle isole greche, non possano, salvo casi eccezionali, raggiungere Atene, o altre zone della “mainland” e che, quindi, i procedimenti necessari per l’ottenimento dello status di rifugiato vengano espletati dagli uffici competenti dell’isola di arrivo.

Conseguentemente alle tempistiche delle pratiche relative alle richieste di asilo, i migranti intrappolati a Chios, Kos, Samos, Leros e Lesbo sono 15.000 e i campi allestiti dal governo sono sovraffollati, basti pensare a quello di Moria, dove le infrastrutture disponibili sono previste per 800 persone, quando sii contano oltre 2000 residenti all’interno. I richiedenti asilo vivono in tende, allestite dal UNHCR e dall’esercito greco; i pasti, precotti e a volte addirittura non commestibili, non sono garantiti per tutti e l’acqua corrente è disponibile per poche ore al giorno.


Eurokinissi/AP Photo]


Giornalisti e attivisti solidali non hanno accesso all’Hotspot, impediti dal livello di militarizzazione e sorveglianza da parte delle forze dell’ordine, che è irragionevolmente massiccio, e solamente alcune ONG hanno il permesso di operarvi all’interno. L’accordo tra Ue e Turchia è l’ennesimo atto istituzionale volto a disincentivare gli arrivi e, per coloro che sono già approdati sulle isole, incoraggiare e sollecitare i rimpatri, ovvero le deportazioni verso i paesi di provenienza. Un altro aspetto inquietante del suddetto patto, per altro simile a quello italiano con la Libia, è l’esternalizzazione delle frontiere rispetto allo spazio Schengen, a costo di scendere a compromessi con Erdogan.

Quello che l’Unione Europea sta deliberatamente provocando e alimentando, in psicologia viene definito come trauma multidimensionale. Oltre, infatti, alle ferite legate ai vissuti nei paesi di origine e ai viaggi di stenti intrapresi in totale clandestinità, il trauma, giunti nei paesi dichiarati “sicuri”, si espleta con la permanenza forzata, che può durare diversi anni, nei lager moderni allestiti per “accoglierli”, ovvero luoghi che insultano la dignità umana e annullano l’identità. .

Vittoria Morrone

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Isola di Lesbo, Grecia. La notte di violenza fascista contro la manifestazione dei migranti dell’Hotspot http://www.ciroma.org/isola-di-lesbo-grecia-la-notte-di-violenza-fascista-contro-la-manifestazione-dei-migranti-dellhotspot/ Thu, 26 Apr 2018 11:25:07 +0000 http://www.ciroma.org/?p=6623  
theguardian.com


Il 23 aprile la polizia greca ha sgomberato l’occupazione della piazza principale di Mytelene, nell’isola di Lesbo. La manifestazione, organizzata da un gruppo di famiglie di nazionalità prevalentemente afghana, era cominciata da mercoledì 18, quando, nella sera di lunedì, i migranti sono stati violentemente assaliti da 200 militanti di estrema destra. Questi ultimi si erano riuniti in solidarietà di due soldati greci detenuti in Turchia, e verso le ore 20 hanno raggiunto l’area presieduta dai manifestanti provenienti dal campo profughi di Moria, esordendo con insulti e affronti. La situazione è degenerata nel corso della notte (i ripetuti attacchi sono durati per una decina di ore), l’aggressione verbale è mutata in un’incontenibile violenza perpetrata dai militanti di destra con lanci di bottiglie, numerosi petardi e sassi. Diverse persone sono state condotte d’urgenza all’ospedale dell’isola. “Bruciamoli vivi”: è stata la frase urlata da uno degli aggressori quando un’attivista, solidale con i migranti, ha segnalato la presenza di bambini tra i manifestanti, intorno ai quali, nel frattempo, si era formato un cordone umano con l’intento di proteggerli. Verso le 21, la chiamata di solidarietà diretta agli altri residenti del campo di Moria, è stata prontamente troncata dall’azione della polizia, che ha sbarrato l’uscita dall’Hotspot a coloro che intendevano raggiungere la piazza dove stavano avendo luogo le aggressioni. Da evidenziare, durante l’intera durata dell’attacco fascista ai danni dei manifestanti, è stato il ruolo delle forze dell’ordine presenti sul posto, che sono rimaste spettatrici immobili, salvo qualche timido tentativo a singhiozzo di allontanare di pochi metri gli aggressori. Nessuno di questi ultimi è stato arrestato, non c’è stato alcun tipo di provvedimento nei loro confronti e la situazione è stata infine “risolta” dalla polizia quando, verso le 5 del mattino, i migranti sono stati forzatamente caricati su alcuni pullman per essere tradotti al campo di Moria. La stragrande maggioranza dei media greci e di quelli internazionali ha trattato la notizia con la medesima retorica impiegata nel caso dell’esercito israeliano che spara deliberatamente su manifestanti pacifici; è stata diffusa, infatti, una versione distorta: come se a Lesbo gli scontri si siano dispiegati violentemente tra due fazioni di simile entità, dove, per intenderci, non si sia capito bene chi abbia scagliato la prima pietra. L’attacco fascista ha visto una reazione di eccezionale calma e autocontrollo da parte dei manifestanti aggrediti, una reazione che alcuni testimoni oculari hanno definito gandhiana.

(Il video che testimonia le aggressioni della nottata del 23 aprile, i lanci dei sassi e le esplosioni dei petardi)
Nelle isole greche dell’Egeo, a ridosso della Turchia, la situazione è degenerata al punto che i principi della UE rispetto ai diritti fondamentali dell’uomo vengono sistematicamente violati. L’accordo del 18 marzo 2016 tra l’Unione Europea e la Turchia, accettato di buon grado dal governo di Syriza, prevede che i migranti, approdati sulle coste delle isole greche, non possano, salvo casi eccezionali, raggiungere Atene, o altre zone della “mainland” e che, quindi, i procedimenti necessari per l’ottenimento dello status di rifugiato vengano espletati dagli uffici competenti dell’isola di arrivo. Conseguentemente alle tempistiche delle pratiche relative alle richieste di asilo, i migranti intrappolati a Chios, Kos, Samos, Leros e Lesbo sono 15.000 e i campi allestiti dal governo sono sovraffollati, basti pensare a quello di Moria, dove le infrastrutture disponibili sono previste per 800 persone, quando sii contano oltre 2000 residenti all’interno. I richiedenti asilo vivono in tende, allestite dal UNHCR e dall’esercito greco; i pasti, precotti e a volte addirittura non commestibili, non sono garantiti per tutti e l’acqua corrente è disponibile per poche ore al giorno.


Eurokinissi/AP Photo]

Giornalisti e attivisti solidali non hanno accesso all’Hotspot, impediti dal livello di militarizzazione e sorveglianza da parte delle forze dell’ordine, che è irragionevolmente massiccio, e solamente alcune ONG hanno il permesso di operarvi all’interno. L’accordo tra Ue e Turchia è l’ennesimo atto istituzionale volto a disincentivare gli arrivi e, per coloro che sono già approdati sulle isole, incoraggiare e sollecitare i rimpatri, ovvero le deportazioni verso i paesi di provenienza. Un altro aspetto inquietante del suddetto patto, per altro simile a quello italiano con la Libia, è l’esternalizzazione delle frontiere rispetto allo spazio Schengen, a costo di scendere a compromessi con Erdogan. Quello che l’Unione Europea sta deliberatamente provocando e alimentando, in psicologia viene definito come trauma multidimensionale. Oltre, infatti, alle ferite legate ai vissuti nei paesi di origine e ai viaggi di stenti intrapresi in totale clandestinità, il trauma, giunti nei paesi dichiarati “sicuri”, si espleta con la permanenza forzata, che può durare diversi anni, nei lager moderni allestiti per “accoglierli”, ovvero luoghi che insultano la dignità umana e annullano l’identità. .

Vittoria Morrone

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