antifascismo – Radio Ciroma http://www.ciroma.org Fri, 13 Oct 2023 19:44:20 +0200 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.24 Viaggio nella Torino antagonista: la realtà del Centro Sociale Askatasuna http://www.ciroma.org/viaggio-nella-torino-antagonista-la-realta-del-centro-sociale-askatasuna/ Sun, 12 Apr 2015 15:46:01 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1148 Ma quando mi passa dinnanzi la venerabile

 povertà che mentre s’affatica mostra le sue vene succhiate

 dalla onnipotente opulenza e quando vedo

 tanti uomini infermi imprigionati affamati

 e tutti supplichevoli sotto il terribile flagello di certe leggi

 ah no io non mi posso riconciliare

 io grido allora vendetta

 il mio nome è nella lista di proscrizione lo so

(da “Blackout” di Nanni Balestrini)

 

Arrivi nel cuore pulsante di Torino e la prima cosa di cui t’accorgi sono le scritte sui muri, che campeggiano sbilenche e tronfie sulla muta delicatezza dei palazzi in stile liberty. S’impongono quelle scritte, come frecce che ostinate sognano di squarciare e abbattere il muro dell’ignoranza, dell’intolleranza, della repressione. Abbandoni l’eleganza d’altri tempi di via Po, costeggi l’architettonicamente discutibile Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell’università cittadina e terreno di scontro, ormai 40 anni or sono, tra studenti di diversa estrazione politica, e ti ritrovi, così, nella Torino popolare e meticcia del quartiere Vanchiglia dove, nel 1996, nasce il CSOA Askatasuna, all’interno di un palazzo di proprietà del Comune.

foto torino

In un bar di via Sant’Ottavio abbiamo incontrato Vincenzo Morrone, uno dei compagni più attivi del centro sociale, per una lunga chiacchierata che ci ha offerto l’immagine di una Torino lontana dagli sprechi economici, dagli scempi urbani e dalle ingiustizie sociali perpetrate da un classe politica pseudo-progressista capeggiata dal duo Fassino-Chiamparino, una Torino antagonista che presenta tutte le carte in regola per potersi proporre come uno dei laboratori politici più significativi di tutta Italia.

Pubblichiamo la prima parte dell’intervista, accompagnata da un breve resoconto scritto.

La chiacchierata con Vincenzo parte dai fatti verificatisi lo scorso 28 marzo, quando, a seguito di una “chiamata alle armi” di Salvini ai suoi seguaci in Piazza Solferino, la Torino antagonista ha risposto con una manifestazione con concentramento a Piazza Castello, sotto l’egida dello slogan #maiconsalvini. Non un semplice slogan, però, ma qualcosa di più, non una mera controffensiva scagliata contro uno specifico schieramento o protagonista della politica istituzionale, ma il segnale concreto di una ribellione diffusa, di una volontà concreta di resistenza a una visione del mondo distorta, una visione razzista, intollerante, xenofoba, quella di cui Salvini è, ormai, l’indiscusso capobastone, almeno se ci atteniamo all’interno dei confini nazionali.

Presentazione standard1

Vincenzo definisce Salvini capopopolo di un’accozzaglia di fascisti e razzisti, emblema del peggio della politica italiana. #Maiconsalvini è il grido, “l’attacco diretto a un’idea di società diversa dalla nostra”, continua Vincenzo. La risposta della piazza è stata forte, perché i movimenti non possono che rispondere pubblicamente ai tentativi di contaminare la società con idee reazionarie, populiste e razziste. Si tratta di una questione di credibilità e di legittimità. La risposta dev’essere sempre pubblica, condivisa, auto-organizzata, perché solo chi ha qualcosa da temere o nascondere si trincera dietro atti di vigliaccheria, istituzionali o meno che siano (vedi i fatti di Cremona). Quella della Questura, invece, come prevedibile, è stata “militare” come risposta, in piena continuità, purtroppo, con il tentativo, giostrato dai piani alti dei palazzi che contano, di radicalizzare il conflitto, soprattutto a seguito dei noti fatti di Cremona.

Il discorso, poi, si è spostato sulla questione abitativa, sulla piaga di sfratti e pignoramenti che colpiscono, naturalmente, le fasce più deboli e vulnerabili della città.

Vincenzo ci racconta delle diverse occupazioni presenti sul suolo cittadino: da quella di Pietra Alta, nella periferia nord, gestita dal comitato PrendoCasa, a quelle presenti nel quartiere San Paolo, difese dallo Sportello Casa del Centro Sociale Gabrio, passando per quelle dell’Ex-Moi (vecchie palazzine olimpiche), tutte abitate da rifugiati politici (circa 700) e sotto continua minaccia di sgombero. Attorno alle occupazioni abitative, spiega Vincenzo, si è creata una dimensione sociale pulsante, fatta di socialità e complicità, che trova realizzazione tangibile nella pratica dei “picchetti anti-sfratto”, che coinvolgono non solo gli occupanti, ma tutta la rete torinese dei solidali, in una città, come quella di Torino che, ci ricorda Vincenzo, possiede il triste record di capitale italiana degli sfratti e agglomerato urbano più povero del Nord-Est. La lotta per la casa, da Nord a Sud, conclude Vincenzo, rappresenta una delle basi fondamentali su cui i movimenti hanno costruito, e continueranno a farlo, le proprie azioni di resistenza e rivolta.

Negli ultimi frangenti della prima parte di questa nostra chiacchierata, abbiamo parlato del ruolo dei quartieri, partendo dalle vicende di via Balbo, la stradina immediatamente retrostante al CSOA Askatasuna. Ci ha molto colpito un documento che il Centro Sociale ha prodotto qualche settimana fa (leggi il documento), prendendo posizione sullo smercio indiscriminato di sostanze stupefacenti di cui la via, considerata una spazio “liberato”, è oggetto durante il giorno. C’è il nobile tentativo di smarcarsi da una visione banale, retorica e superficiale dell’antagonismo, una visione, molto spesso, sposata dalla fetta più grossa di opinione comune. Condannare lo spaccio a cielo aperto di droghe più o meno pesanti ci offre l’immagine di una politica fatta dal basso che, sopra tutte le cose, ha a cuore le sorti dei propri quartieri e il benessere di chi li vive e anima.

 balbo

Vincenzo ci illustra i capisaldi di un modo diverso di gestire il conflitto, che parte dalla restaurazione di un dialogo continuo e proficuo con gli abitanti dei quartieri, che muove dalla ferma intenzione di entrare in contatto e guadagnarsi fiducia e sostegno dei concittadini. La vicenda di via Balbo, dove sono ubicate due scuole e un giardinetto per i bambini, all’interno di un quartiere (Vanchiglia) popolare, multietnico e simbolo della gentrification torinese, ci insegna che, se il consumo rimane un fatto soggettivo, lo spaccio indiscriminato, gestito da organizzazioni mafiose che, aggiunge Vincenzo, “non vogliono, di certo, la rivoluzione”, va condannato e osteggiato, intensificando il dialogo con gli abitanti del quartiere, riqualificando autonomamente gli spazi, rivitalizzandoli attraverso pratiche sociali, come iniziative culturali o mercatini. Quindi, ci dice Vincenzo, “né spaccio, né madama”, ma una gestione autonoma del conflitto, che rappresenta “la vera forma di contropotere”, quel potere alla rovescia che sogna di restituire dignità e capacità di organizzazione indipendente ai cittadini, di tutti i colori, di tutte le nazionalità.

@Giuseppe Bornino

Ascolta qui la prima parte dell’intervista:

 

 

 

 

 

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