brindando coi demoni – Radio Ciroma http://www.ciroma.org Fri, 13 Oct 2023 19:44:20 +0200 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.24 Ciroma intervista Federico Fiumani http://www.ciroma.org/ciroma-intervista-federico-fiumani/ Thu, 02 Apr 2015 11:07:27 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1101 001_diaframma

In occasione della data cosentina dei Diaframma dello scorso venerdì 27 marzo, abbiamo sentito, in esclusiva per Radio Ciroma, Federico Fiumani, lo storico leader del gruppo. Ancora pregno del tipico sudore post-concerto e con i Jesus and Mary Chain di sottofondo, Federico ha gentilmente risposto alle nostre domande. Ecco l’intervista completa:

Nel tuo “Un ricordo che vale 10 lire” manca un omaggio a Fabrizio De André verso il quale hai sempre manifestato un’enorme passione. Come mai hai “escluso” proprio lui?

Non mi sentivo di cantare una sua canzone nel disco perché De André è un mostro sacro e se fai un suo pezzo perdi sicuramente. Mi limito a suonarlo dal vivo perché non rimane, è una cosa più impalpabile.

Il disco dimostra quanto tu sia affezionato alla forma canzone e al cantautorato italiano degli anni ’70. Quali sono i tuoi riferimenti?

De André, De Gregori e Lucio Dalla, il primo Dalla soprattutto, mi hanno segnato profondamente. Poi mi piacciono molto i Beatles che hanno fatto canzoni ma hanno anche sperimentato altre forme e modificato la struttura della canzone stessa. Resto affezionato alla forma della canzone d’autore anche se sicuramente ho inserito delle influenze new wave, post punk che sono state fondamentali nella mia formazione musicale. Quando c’era il post punk avevo 17 anni ed è il momento ideale per farsi plagiare da qualcosa.

Quanto è cambiato il rapporto con la musica dai tuoi anni ’80 ai nostri 2000 e quanto ha influito su questo cambiamento l’elemento del “costo” e del sacrificio legato alla fruizione della musica?

Sicuramente è diverso. Questo tipo di sacrifici mi hanno anche spinto ad andare avanti, a trovare in me una determinazione e una formazione musicale e mentale per affrontare questo mestiere. È stata una gavetta molto importante per me, siamo nati nelle cantine e ci siamo fatti un gran mazzo. Fare dischi era un qualcosa di importante, che rimaneva, mentre oggi si ha l’impressione che tutto scorra più velocemente e forse più superficialmente. Continuo a conservare in me un grande entusiasmo, una voglia di fare questo mestiere, che è la mia vita, la mia passione, che mi ha permesso di superare certi gap generazionali e comunicare le mie emozioni, i miei sentimenti anche a un pubblico notevolmente più giovane. Sono contento di come sono andate le cose, ecco. È una bella storia la mia, sono molto soddisfatto.

Nelle tue canzoni hai spesso parlato di calcio. Intanto com’è che, nato marchigiano e cresciuto fiorentino, ti ritrovi a tifare Hellas Verona?

È strano che tifi Hellas, è vero. Ma non essendo fiorentino e dato che tutti i miei amici tifavano fiorentina, io per reazione ho cominciato a tifare Napoli. Più tardi ho scelto l’Hellas Verona perche è una squadra perdente, e a me piacciono i perdenti, e per il colore delle maglie, mi ha sempre fatto impazzire il giallo-blu.

Giochi ancora in porta?

Non gioco più a calcio, senza rimpianti dato che non ero un granché. Mi affascinava il ruolo del portiere, è un ruolo eroico, solo contro tutti, un po’come mi sono sentito nel mondo della musica.

A proposito di letteratura, oltre a Moravia e alla Morante, di cui più volte hai parlato, c’è qualche scrittore giovane che ti ha particolarmente affascinato?

Nicola Lagioia, Veronica Raimo, Vanni Santoni che è fiorentino, Elena Stancanelli, Emiliano Gucci che è un mio amico e bravissimo scrittore. Me ne piacciono diversi.

In “Brindando coi demoni” c’è un ricordo molto bello di Lou Reed dove fai riferimento alla canzone “Heroin” e al fatto che la gente ancora paga anche 60 euro per ascoltarla dal vivo. Poi, aggiungi, arriva un Red Ronnie qualsiasi e, magari, ti chiede: “Lou, sei consapevole che in molti sono morti con l’ago nelle braccia ascoltando le tue canzoni coi Velvet?” E concludi dicendo, laconicamente forse, che “l’arte si paga con la vita”. Allora, ti chiedo, qual è il rapporto dell’arte con la vita e può la vita essere pagata con l’arte?

A scuola ci insegnano una visione della letteratura, della poesia e dell’arte in genere molto precostituita. Ad esempio, un libro come “I dolori del giovane Werther” ha mietuto molto più vittime dell’eroina perché tanti si identificarono con il suicidio. È abbastanza disturbante Il buonismo di cui Red Ronnie è portavoce perché un artista deve essere coraggioso fino in fondo. Lou Reed ha cantato il male di vivere e l’ha fatto con carisma in un periodo in cui era difficile parlare di certi argomenti.

Ancora in “Brindando coi demoni” ammetti che ti tocca rifuggire dall’immagine che la gente ha di te, come se ne avesse una distorta. Ecco, che immagine hai di te e che immagine pensi che la gente abbia di te?

Il libro è del 2007, adesso sono un po’ migliorato. Sono un po’ più tranquillo, mi accetto di più rispetto a quando ho scritto questa cosa. Permane un senso di colpa antico che nel libro ho ampiamente trattato per la morte di mio padre, scomparso in giovane età, che mi ha segnato. Lo sto superando e mi diverto più di prima, ecco.

Perché ripubblicare un disco come “Siberia”, cosa possono ancora raccontarci gli anni ’80, oggi, sia dal punto di vista sociale che musicale?

Dal punto di vista sociale nulla. “Siberia” è stato votato da Rolling Stone come il 7° disco italiano di tutti i tempi e questa cosa mi ha molto gratificato e dato delle motivazioni. Complice il ritorno del vinile e il trentesimo anno dalla pubblicazione del disco ho pensato di fare un’ edizione estesa, deluxe. Poi io sono un appassionato di vinili ed è un piacere comprare quelli degli altri, non solo i miei. È andata molto bene la ristampa.

Ascolti altri generi musicali? Il rock riesce ancora a parlare al pubblico oppure altri generi come il rap o l’hip pop pensi riescano a intercettare meglio alcune istanze?

Sicuramente il rock è molto cambiato negli ultimi decenni. Prima essere rock significava vivere profondamente in un modo rock. Era una cosa realmente trasgressiva che si pagava anche con la vita mentre adesso è stato tutto un po’ fagocitato. Adesso ha una funzione diversa, suonare la chitarra in un gruppo rock è diverso da prima. Il rap sicuramente ha fatto la sua parte come musica di ribellione, ma se uno ha qualcosa da dire, qualcosa che gli brucia dentro, può scegliere qualunque genere . L’importante è che si abbia qualcosa di urgente, di necessario, di essenziale da dire. E se questo qualcosa è la tua ragione di vita puoi farlo in qualunque forma. Anche il rock va bene ancora. Mi sembra che anche musicisti in là con gli anni riescano ancora a fare belle cose. Questo mi conforta.

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