hdp – Radio Ciroma http://www.ciroma.org Fri, 13 Oct 2023 19:44:20 +0200 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.24 Ankara. Le immagini inedite della strage http://www.ciroma.org/ankara-le-immagini-inedite-della-strage/ Tue, 13 Oct 2015 09:48:09 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1686 Gli attimi subito dopo le esplosioni di Ankara. Centinaia di feriti attendono i soccorsi che, però, tardano ad arrivare. Le ambulanze sono troppo poche per rispondere ad un evento di tale portata. In molti rimarranno sull’asfalto per decine di minuti prima di essere soccorsi o essere accompagnati in ospedale dai superstiti con mezzi di fortuna. La situazione si aggrava ulteriormente quando la polizia inizia a usare lacrimogeni e pallottole di gomma anche sulla folla che si stava prodigando per aiutare i feriti. Alcuni testimoni riferiscono che il gas abbia avuto effetti devastanti sui feriti, aggravandone le condizioni e, in alcuni casi, provocandone la morte.

Le immagini del video sono molto forti, quindi ne sconsigliamo la visione a soggetti particolarmente sensibili a immagini crude.

Dante Prato

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Ankara bombing. La pace tra le bombe http://www.ciroma.org/ankara-bombing-la-pace-tra-le-bombe/ Sun, 11 Oct 2015 14:58:01 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1676 Centinaia di morti ad Ankara durante la manifestazione pacifista e la Turchia piomba nel caos.

Due esplosioni a distanza di pochi minuti fuori dalla stazione di Ankara e la Turchia piomba nuovamente nel terrore. Centinaia di morti (le fonti ufficiali e quelle filo-curde sono ancora discordanti) e centinaia di feriti sono i numeri di uno degli attentati più cruenti nella storia della Turchia, anche se le immagini sono le stesse di qualche mese fa: bandiere di Hdp disseminate sull’asfalto, corpi distesi sulle strade, sangue e gas lacrimogeni.

Decine di migliaia di persone si erano radunate, ieri mattina, nella capitale turca per partecipare al corteo pacifista, convocato dai sindacati dei lavoratori Kesk, Disk, Tmmob e Ttb, per chiedere la fine delle ostilità del governo turco nei confronti del Pkk, proprio nei giorni in cui il Partito dei lavoratori del Kurdistan aveva annunciato un cessate il fuoco in vista delle elezioni politiche del primo di novembre. Una prima esplosione ha colpito i manifestanti filo-curdi del Partito democratico del popolo, formazione che durante le scorse elezioni di giugno ha ottenuto un importante risultato elettorale, conquistando ben 81 seggi in parlamento. Pochi minuti e una seconda bomba è esplosa durante il passaggio dei manifestanti del partito Partizan-Kaldirac. Sono stati attimi di terrore e di angoscia. Alcuni attivisti hanno risposto manifestando la propria rabbia nei confronti della Polizia, che non ha perso tempo per attaccare i manifestanti, sparando colpi di pistola in aria, lanciando lacrimogeni in mezzo ai corpi dei morti e caricando la folla che si stava prodigando nel portare i primi soccorsi ai feriti.

Sono passati pochi minuti dagli attentati di Ankara, quando arriviamo all’Amara Cultural Center di Suruc, dove proprio qualche mese fa un altro attacco aveva provocato la morte di 33 persone, tra studenti e attivisti impegnati nel portare aiuti a Kobane. Le finestre della facciata sono ancora distrutte e lasciano intuire con chiarezza la potenza dell’esplosione, mentre nel cortile campeggiano, circondate da fiori, giocattoli e biglietti, le fotografie delle vittime. Entriamo nel centro e l’aria è quasi irrespirabile. I volti dei pochi attivisti Hdp presenti sono scuri e ci accolgono comunicandoci le notizie che arrivano da Ankara. Mentre scorrono le immagini dei telegiornali gli occhi si gonfiano di lacrime. Per molti di loro è come un déjà-vu. Sono troppo freschi i ricordi dell’attentato del 20 luglio per metabolizzare quello che è appena successo nella capitale. I telefoni squillano incessantemente, la maggior parte di loro attende notizie dagli amici e dai parenti che stavano partecipando al corteo. Nella tragedia, arriva qualche notizia positiva, ma non servono gli abbracci di conforto per spegnere la rabbia. Basta, però, un nostro accenno alle responsabilità, al nome di Erdogan, perché sui volti turbati si faccia spazio un sorriso, seppur di sdegno, compiaciuto del fatto che ci sia una parte dell’opinione pubblica internazionale che riesca a intuire quello che sta succedendo in Turchia, che gli attacchi nei confronti degli attivisti filo-curdi abbiano una regia ben precisa alle spalle. Dopo poco nel centro entrano altri ragazzi italiani della Carovana Rojava Resiste, che arrivano da Diayrbakir, dove in seguito agli scontri tra manifestanti della sinistra filo-curda e della polizia nel quartiere di Hasirli, da un paio di giorni è stato ordinato un nuovo coprifuoco. Insieme a loro visitiamo uno dei campi profughi della città che accolgono gli esuli di Kobane. I bambini, ignari di quello che è successo ad Ankara, ci accolgono con le due dita alzate in segno di vittoria e i loro sguardi infondono speranza. Intanto ad Istanbul e in altre città della Turchia cortei spontanei calcano le strade al grido “Stato assassino”. Infatti, nonostante il presidente turco si sia affrettato a dichiarare che «è stato avviato un grande lavoro per condurre indagini approfondite», che avrebbero già permesso di individuare e catturare uno dei responsabili, al momento non c’è stata nessuna rivendicazione ufficiale e sono in tanti a non credere alle promesse, soprattutto dopo il silenzio piombato sulla strage dell’Amara Center. Migliaia di persone che ancora oggi sono scese in strada, capeggiate dai leader di Hdp, Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, accusando esplicitamente l’Akp di «avere le mani sporche di sangue» e chiedendo le immediate dimissioni di Erdogan. Il presidente turco, invece, ha gioco facile nell’utilizzare gli attentati per richiamare la necessità di una sicurezza che solo lui sarebbe in grado di mantenere e per calcare la mano su un sentimento nazionalista, ormai dilagante in molte zone della Turchia, sul quale sta costruendo gran parte del suo consenso elettorale. A dimostrarlo il fatto che, nonostante il cessate il fuoco dichiarato dal PKK, l’esercito di Ankara proprio stamattina ha condotto una serie di attacchi aerei nel sud est del Paese. Alcuni esperti sostengono, inoltre, che Erdogan potrebbe utilizzare l’attuale instabilità politica per insistere sulla necessità di dare vita ad un governo di coalizione che gli permetterebbe di continuare a mantenere il potere, arginando la dilagante ascesa di Hdp, un partito che ormai sta canalizzando il consenso dei cittadini non solo sulla questione curda, ma anche su argomenti molto sensibile come l’anticapitalismo, l’uguaglianza e i diritti. E forse questo fa ancora più paura.

Intanto la situazione rimane abbastanza tesa, il processo di militarizzazione è in atto e la presenza delle forze di polizia e dell’esercito lungo le strade, nelle ultime ore, si è abbastanza intensificata, mentre in quasi tutto il Paese già da ieri sera gli account Facebook sembrano come bloccati, probabilmente per l’eccessivo utilizzo, visto il continuo sviluppo di manifestazioni spontanee, ma non ci sorprenderebbe se dietro ci fosse lo zampino del governo, interessato a limitare l’uscita dal Paese di notizie e immagini, come avvenne già qualche mese fa in occasione dell’uccisione del procuratore Mehmet Selim Kiraz.

Dante Prato, Gaziantep  11/10/2015

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