indipendenza – Radio Ciroma http://www.ciroma.org Fri, 13 Oct 2023 19:44:20 +0200 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.24 Catalunya: La dichiarazione di indipendenza arriva solo a metà (AUDIO) http://www.ciroma.org/catalunya-la-dichiarazione-di-indipendenza-arriva-solo-a-meta-audio/ Wed, 11 Oct 2017 15:59:43 +0000 http://www.ciroma.org/?p=3822  È stata una giornata di attesa e aspettativa ieri a Barcellona e in tutta la Catalunya. Era ovvio che la Dui (dichiarazione di indipendenza unilaterale, ndr) avrebbe rappresentato una svolta per il processo indipendentista catalano e per le mobilitazioni.

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Decine di migliaia di persone hanno affollato le strade, dai barrios popolari alle università, la gente ha affollato le piazze.
Puidgemont ha inizialmente affermato l’indipendenza, successivamente però ha preso tempo provando a realizzare l’apertura di un processo di negoziazione che scarica il governo catalano dalla responsabilità della prossima mossa.

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La situazione a Barcellona resta sospesa in una aria colma di sconforto e incredulità. Puidgemont può essere considerato un traditore? Come mai ogni volta che si tenta di mettere in crisi l’ establishment dei paesi dell’ Unione Europea ci sono dei ripensamenti? In un certo senso il caso Catalano può avere delle similitudini con il caso della Grecia di Tsipras? Quali potrebbero essere le prossime evoluzioni?

Ne abbiamo discusso con un compagno della redazione di Infoaut in queste ore a Barcellona.

      Catalunya: Voci dalle strade

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Referendum sull’ indipendenza, voci dalla Catalogna (AUDIO) http://www.ciroma.org/referendum-sull-indipendenza-voci-dalla-catalogna-audio/ Mon, 02 Oct 2017 09:23:32 +0000 http://www.ciroma.org/?p=3629 In queste ore in tutta la Catalogna la tensione politica e sociale resta alta. Più di due milioni di catalani si sono recati alle urne, i risultati parlano chiaro: il “Si” ha ottenuto il 90 % dei consensi, il “No” ha ottenuto il 7%, mentre le schede bianche sono state il 2%. L’ oggetto del referendum non riguarda la proclamazione unilaterale di indipendenza ma la sacrosanta richiesta di esprimersi sulla questione. Nonostante “ una scheda in un urna non sia paragonabile ad un cassonetto che brucia” la repressione del governo spagnolo, guidato dai popolari di Mariano Rajoy, è stata durissima. Madrid ha dapprima dichiarato “illegale” il referendum e successivamente ha usato le maniere forti esercitando il proprio monopolio della violenza. Il bilancio dei feriti resta altissimo, i contusi sono più di 800, molti di quali hanno messo i loro corpi a difesa dei seggi elettorali.

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Proviamo a fare chiarezza su quello che sta avvenendo in queste ore nelle provincie di Barcellona, Girona, Lleida e Tarragona cercando di scardinare le narrazioni tossiche messe in campo dai media nostrani e non solo.
Ascoltiamo ai nostri microfoni Victor Serri, fotografo e attivista che vive a Barcellona.

      Intervista Victor Serri

Giovedì 5 Ottobre, presso l’ aula studio liberata del cubo 18 dell’ Unical, si terrà un dibattito sulla situazione catalana. Interverranno:
ADRIANO CIRULLI - Osservatore internazionale sul referendum
PAOLO PERRI - Precario della Ricerca

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A chi fa paura la repubblica catalana? (di Paolo Perri) http://www.ciroma.org/a-chi-fa-paura-la-repubblica-catalana-di-paolo-perri/ Fri, 22 Sep 2017 08:46:54 +0000 http://www.ciroma.org/?p=3452  La repressione di Madrid, il diritto all’autodeterminazione nazionale e la confusione a sinistra.

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Votem per ser lluires (votiamo per essere liberi) si legge su uno dei tanti manifesti affissi sulle auto della Guardia Civil, la polizia militare spagnola, assediate dai manifestanti dopo il blitz di mercoledì mattina contro le principali sedi del governo autonomo catalano.

Il governo di Madrid, guidato dai popolari di Mariano Rajoy, ha deciso di gettare la maschera e passare alle maniere forti, esercitando così il proprio monopolio della violenza. Il messaggio è chiaro: il referendum per l’indipendenza della Catalogna, previsto per l’1 ottobre, non si deve fare e la Spagna lo impedirà con tutti i mezzi. Nella prima mattinata di mercoledì, infatti, centinaia di agenti hanno fatto irruzione in diversi uffici della Generalitat (il governo catalano), sequestrando materiale considerato illegale – come le schede elettorali per il referendum – e arrestando 14 dirigenti dell’amministrazione regionale. Si tratta di una vera svolta repressiva che fa seguito alle minacce dei mesi passati e alla sentenza del Tribunale Costituzionale spagnolo che ha considerato illegale il referendum e ha innescato il braccio di ferro tra Barcellona e Madrid che sembra giunto in questi giorni a un punto di non ritorno. Da una parte il fronte unionista che comprende alcuni dei principali partiti spagnoli, dai popolari ai socialisti, con Podemos alle prese con un’aspra discussione interna. Dall’altra l’eterogenea maggioranza indipendentista del parlamento catalano, una strana alleanza tra partiti molto diversi tra loro, che ha assunto le caratteristiche di un vero e proprio governo di scopo pro-indipendenza: il Partido Demócrata Europeo Catalán di Artur Mas, liberale e di centro-destra passato rapidamente dal rifiuto dell’indipendenza al secessionismo, i social democratici di Esquerra Republicana de Catalunya e la sinistra anticapitalista di Candidatura de Unidad Popular. Forti del 60% dei voti catalani, i rappresentanti della Generalitat non hanno ceduto ai ricatti di Madrid confermando il referendum. I segnali della crescente insofferenza spagnola sono stati tanti nei mesi scorsi – sequestri di volantini e manifesti elettorali, perquisizioni nelle sedi di partiti e movimenti politici, minacce di arresti e procedimenti penali – ma i catalani hanno tenuto duro, in un clima di generale scetticismo e nell’indifferenza internazionale.

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Gli arresti di ieri, però, insieme all’imponente reazione popolare che ha visto scendere in piazza decine di migliaia di manifestanti, hanno portato la questione catalana al centro del dibattito europeo. Allo stesso tempo sono emersi i soliti stereotipi e la mancanza di capacità interpretativa da più parti.

Soprattutto a sinistra. “Sono come i leghisti!”, “vogliono l’indipendenza perché sono ricchi”, “ritorna lo spettro del nazionalismo” sono alcuni dei commenti che si leggono sui media e sul web. Per questo è necessario fare alcune brevi precisazioni.

In primo luogo è importante sottolineare come il nodo della questione sia il sacrosanto diritto di un popolo ad esprimersi. Questo è oggi in ballo nella partita tra Madrid e Barcellona. Possono i catalani esprimersi sul progetto di una repubblica indipendente? Per il governo spagnolo (e per i socialisti formalmente all’opposizione) la risposta è NO.

Che si tratti di un atteggiamento quantomeno miope è ormai evidente.

È parere di chi scrive, infatti, che se il referendum fosse stato autorizzato e si fosse tenuto anche solo qualche giorno fa, gli indipendentisti lo avrebbero perso.

Proprio come in Scozia nel 2014 quando, nonostante il sostegno di massa di cui gode lo Scottish National Party, un omologo referendum ha visto sconfitti gli indipendentisti. In tanti, non solo in Spagna, sostengono l’illegittimità stessa del referendum, data la decisione del Tribunale Costituzionale, salvo però omettere che la sentenza si basa su norme e leggi approvate dai post-franchisti, alla fine degli anni ’70, per tranquillizzare l’esercito e gli esponenti del vecchio regime sull’indissolubilità dello stato.

Ai difensori dell’inconciliabilità tra marxismo e indipendentismo, invece, si potrebbe consigliare una più attenta lettura dello stesso Marx – per non parlare di Lenin – sul diritto all’autodeterminazione nazionale, ma non è questo il luogo per una discussione ideologica sul tema.

L’idea che quello catalano rappresenti nient’altro che uno sciovinismo frutto del benessere è un altro leitmotiv ricorrente.

Ma anche in questo caso, una breve ricerca sulle origini dell’indipendentismo e il prezzo pagato dai catalanisti dopo la sconfitta repubblicana nella guerra civile degli anni ’30, possono essere utili a fare chiarezza, soprattutto alla luce del successo riscosso dalle formazioni anticapitaliste e indipendentiste in questi ultimi anni. Mentre le polemiche sul tema impazzano, è di queste ultime ore la notizia che gli “estibadors”, i lavoratori portuali (corrispettivo catalano dei nostri camalli), boicotteranno l’approvvigionamento delle navi da crociera che il governo di Madrid ha noleggiato per alloggiare migliaia di poliziotti in procinto di raggiungere la Catalogna.

In un intreccio tra rivendicazioni nazionaliste e conflitti sociali il livello dello scontro pare quindi destinato ad alzarsi nei prossimi giorni, in particolar modo se dovesse essere proclamato lo sciopero generale invocato dalle numerose assemblee popolari attive dalla notte scorsa. Intanto anche tra i catalani contrari all’indipendenza cresce il malumore per la reazione di Madrid.

In fin dei conti l’oggetto della disputa non è la proclamazione unilaterale d’indipendenza, ma la sacrosanta richiesta di potersi esprimere sulla questione. Certo è comprensibile che l’idea di una repubblica in territorio iberico, magari anche d’ispirazione socialista, possa togliere il sonno al governo spagnolo e ai potenti di tutta Europa, ma in questi tempi di autoritarismo e paranoie securitarie anche soltanto rivendicare il diritto di espressione appare intollerabilmente sovversivo.

Il messaggio è arrivato forte e chiaro: la monarchia spagnola deve rimanere “una, grande y libre”. Se ne facciano una ragione questi repubblicani catalani e la smettano di turbare il placido torpore di parte della sinistra nostrana.

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