Un’unica voce palpitante che urla all’unisono, un calderone ribollente di gente libera che ama la musica, ma, ancor di più, la libertà di movimento, espressione, aggregazione.
Una foresta non la sposti tanto facilmente. E se la sposti, tutti se ne accorgono. Una foresta, però, non vive della gloria di un solo giorno, ma è vita che scorre quotidianamente nella lotta, nella rivendicazione, nella militanza, nella costruzione orizzontale, nell’esercizio gratuito della solidarietà, nella libera circolazione delle idee. La foresta c’è. Spetta a tutti noi salvaguardarla e difenderla dagli attacchi predatori.
Non un passo indietro.
Foto in Copertina di Valentino Celico
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James Cenese
]]>“più di 45 insieme.. non è sempre divertente”
Come dice Graham Nash i CSN suonano insieme dal 1969 e martedì 4 ottobre sono stati a Roma per l’ultima tappa Italiana del loro tour Europeo.
Non ci sarebbe potuto essere contesto più solenne dell’Auditorium Parco della Musica per tale evento.
La bellissima sala Santa Cecilia è stata riempita da un pubblico composto maggiormente da fan storici della band e da qualche “giovane” che li vedrà per la prima volta.
Preso posto rapidamente in galleria veniamo accolti dalle note di una sinfonica “A day in the life” che alimenta la giusta tensione fino allo spegnimento delle luci.
Si comincia con “Carry On”, un inno! Il sottoscritto, trattandosi della prima volta è ipnotizzato dalle voci dei tre, gli acciacchi dell’età sono stati annullati dalla loro intesa perfetta. Sembrano proprio essere la loro età e i loro tascorsi gli argomenti principale prima del live, nulla di più inutile.
Stills seppur con una voce più rauca dimostra come la musica del gruppo è tutta un’altra storia dai concerti a due o da soli. Fin dalla prima canzone Stills si prende un assolo dietro l’altro. Nash capelli bianchi a parte non è cambiato una virgola, conduce lo show, ride e interagisce col pubblico. Crosby ha il suo stile (non è facile descriverlo senza farlo passare per un burbero) e una voce delicatissima che all’occorrenzsa spinge senza fatica.
Tuttavia dopo “Marrakesh Express” e “Long time gone” chi ci pensa più?! Siamo immersi completamente nello spettacolo e ci rendiamo conto di essere di fronte a qualcosa di irripetibile.
I tre rockers continuano su questi toni morbidi alternandosi a vicenda su armonie di successo come “Just a Song Before I Go”, Cathedral e la hit di Stills “Southern Cross”.
Deja vu’ diffonde un clima mistico in sala ed è il primo brano in versione estesa. La band lascia spazio ai singoli che verranno infatti presentati subito dopo da Graham Nash: Todd Caldwell alle tastiere, Ross Kunkel alla batteria, Kevin Mc kormick al basso, Shane Fontayne alla chitara e James Raymond, figlio naturale di Crosby che segue da anni in tour.
La prima parte della scaletta viene chiusa da una versione spumeggiante di “Love the one you’re with” di Stills che inizia con un bel riff crunchy che la rende decisamente più rock della versione origiale.
A questo punto Nash annuncia 20 minuti di pausa: “Dont go away!”
La seconda parte dello spettacolo inizia con la dolcissima “Helplessy Hope” che pervade la sala con armonie di rara bellezza soprattutto quando la voce mediana di Crosby sovrasta leggermente le altre (per volume si intende).
“we played to cross the land where the music have no end”
A questo punto Nash che ha gestito i tempi dell’intero spettacolo coglie l’occasione per dedicare un brano ai suoi compagni d’avventure, “Golden days”. Una canzone nuova scritta insieme a Shane Fontayne che farà parte del suo prossimo album. Un brano semplice che non colpisce forse per le melodie quanto per il significato e per l’intensità che riesce a dare Nash.
“new songs are the breath of life”
È il momento degli inediti ed è così che David Crosby introduce il suo nuovo brano, la folla pende dalle sue labbra e come se ci stesse per svelare il segreto della vita seguono interminabili secondi di silenzio rotti da un “dajeee” di uno spettatore. Crosby se la ride, imita il verso del ragazzo e riprende lo show con “Somebody Home”, un delicatissimo brano acustico dalle chiare tinte blues.
Arriva il momento sempre attesissimo di “Guinneveere”, basta una chitarra e le voci di Nash e Crosby per far sciogliere il pubblico in una sensazione onirica.
“Just by looking back, I can tell you life ain’t so scary.”
A questo punto arriva il momento dell’inedito di Stills, “Virtuale World”, una sognante ballata rock con esplosioni irregolari di chitarra elettrica.
Dopo gli inediti i tre tornano a far cantare il pubblico e non c’è pezzo migliore di “Our House”, è emozionante sentire tutta la sala Santa Cecilia intonare e scandire parola per parola il ritornello. Stesso discorso vale per “Chicago” che vede il solito trascinatore Nash al piano. Da quì in poi l’entusiasmo è incontenibile i tre imbracciano la chitarra elettrica e chiudono con “Almost cut my Hair” e “Wooden Ships”.
Tutti ci aspettiamo il bis e dopo la solita inutile attesa la band torna sul palco e suona “Teach your children” e “Suite: Judy blue eyes”, c’eravamo quasi cascati!!
Tony Leaf
]]>Un po’ thriller e un po’ romantica. Ogni brano non trova risoluzione in sé ma tende a quello successivo esattamente come accade nella cadenza episodica di una serie. Sulla scena agiscono personaggi che riflettono un particolare carattere. Kazu il personaggio leggiadro che con la sua fascinazione esotica permette al fuoco della narrazione di continuare a divampare. Simone quel ruolo capace di mutare l’atmosfera e il mood delle vicende semplicemente con un suo gesto. Amedeo il character motore dell’intreccio tutto; attraverso le sue azioni la storia ha il suo corso.
Come in ogni serie che si rispetti in qualche punto può sembrare che lo sviluppo individuale dei personaggi abbia qualche flessione o che non sia arrivato a compimento, ma poi la storia va avanti e appare sempre più chiaro il quadro d’insieme, restituendo così una perfetta allegoria della realtà che lascia ammaliati e catarticamente avviluppati nel suo scorrere.
Terminata la prima stagione spetta ai produttori gratificare gli ideatori della serie per l’eccelso lavoro fatto, tributando loro il giusto e doveroso sostegno qualora si voglia per altro giungere ad una seconda stagione. Qui analogamente il pubblico pagante, attraverso applausi entusiastici ed insistenti, rende grazie al trio che concede un encore a suggellare definitivamente la bellezza e l’incanto a cui si ha assistito e che ogni spettatore custodirà nella memoria consapevole dell’importante e prezioso lascito emotivo.
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