ocalan – Radio Ciroma http://www.ciroma.org Fri, 13 Oct 2023 19:44:20 +0200 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.24 Raqqa è libera, lunga vita alla rivoluzione curda! (AUDIO) http://www.ciroma.org/raqqa-e-libera-lunga-vita-alla-rivoluzione-curda-audio/ Wed, 18 Oct 2017 10:22:04 +0000 http://www.ciroma.org/?p=3953  Ieri è stata una giornata storica, gli ultimi miliziani dell’ Isis, asserragliati dentro l’ ospedale e lo stadio, si sono dovuti arrendere. A Raqqa, la capitale dell'autoproclamatosi Stato Islamico, è caduta l’ infame bandiera nera delle torture, dei saccheggi, delle depravazioni. Raqqa è finalmente libera, ora sventola la bandiera della liberazione e della rivoluzione curda.

 
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Questa è una vittoria che è costata sangue, sacrificio e sofferenza, tanti giovani martiri hanno dato la vita per la causa rivoluzionaria, il ricordo di chi ha dato la vita affinchè altri vivessero continuerà a dare spinta a tutte le lotte per la giustizia sociale nel mondo.
Questa è soprattutto la vittoria delle donne. Nella piazza dove l’Isis commetteva le sue esecuzioni adesso sventolano le bandiere delle SDF e delle YPJ. La liberazione di Raqqa è anche la liberazione delle donne, che hanno avuto un ruolo di avanguardia, portando avanti una rivoluzione di mentalità che ribalta e sconvolge il sessismo e il patriarcato che si trovano nella società occidentale.

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Nel silenzio e nell’ oscurantismo dei media nostrani l’Isis è stato sconfitto a casa sua dalla determinazione di chi porta avanti un idea rivoluzionaria di collettivizzazione delle vite, autogestione e autorganizzazione. La sfida adesso sarà cercare di portare anche a Raqqa, che adesso porta i segni indelebili della guerra, il processo di cambiamento radicale dell’ esistente, teorizzato da Abdullah Öcalan, denominato Confederalismo Democratico.

Abbiamo ascoltato Luigi D' Alife, autore del documentario Binxet-Sotto il Confine

      Liberazione di Raqqa: Luigi D' Alife

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Una eco dal carcere, da Gramsci ad Öcalan: la libertà è donna http://www.ciroma.org/una-eco-dal-carcere-da-gramsci-ad-ocalan-la-liberta-e-donna/ Sat, 02 May 2015 12:12:37 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1201 Tra le pieghe dell’eredità gramsciana si trovano spesso delle indicazioni che per la loro semplice veridicità non sempre sono individuate come di portata essenziale per la visione di una società che oggi più che mai manca di quel respiro indispensabile che la renda vivibile e fruibile ai suoi membri. Uno di questi casi è l’importanza che egli assegna alla cultura nella evoluzione della presenza della donna in ambito sociale. Dalle lettere dal carcere è stato tratto un florilegio, riguardante tale punto fondamentale della struttura sociale che si è coagulato intorno alla figura della nipotina “Mea” e della sua educazione. Ivi, Edmea assurge per Gramsci all’emblema della donna che nell’ambito della comunità piccolo borghese dell’epoca fascista rappresentava la vaghezza, la leggerezza ma anche l’inconsistenza di valenza personale, legata com’era ad un ambiente che comunque la sballottava dalla potestà patriarcale a quella maritale, negandole sostanzialmente l’attorialità delle scelte, scelte che venivano comunque ignorate, se non conculcate anche in ambito politico già prima dell’epoca fascista.

La nipotina Mea diviene quindi soggetto da “educare” cioè da condurre attraverso un percorso che la sollevi da uno stato iniziale di inconsapevolezza e destrutturazione caratteriale al conseguimento di una forza morale e una disciplina interiore che la sorreggano allo scopo di “accumulare in lei ricordi di forza, di coraggio, di resistenza ai dolori e alle traversie della vita.”[1]. Tutto ciò, per Gramsci deve perseguire lo scopo di una formazione organizzata di vita interiore che abbia precisi valori di riferimento morale. Ella infatti deve sapere perché il padre, lo zio , subiscono esilio e carcere in ragione degli alti ideali cui sacrificano libertà e famiglia. Ma l’educazione di Edmea non si ferma a questo perché momento importante anzi fondamentale della sua prassi educativa è l’applicazione ai doveri scolastici e allo studio in generale, lo svilupparsi del suo senso del dovere, dell’approccio metodico e motivato all’impegno in senso lato. E se quest’ultimo vale come crescita ed espansione della umanità che è in lei, l’impegno scolastico è l’arma attraverso la quale lei, in quanto donna, deve fare leva nella società. La cultura, la consapevolezza morale sono le armi attraverso le quali la donna in generale ed Edmea, che ne è il prototipo, in particolare devono riuscire a combattere quella rete di costrizioni che le impediscono di vivere in maniera paritaria la propria presenza nella società.

Questa semplice ma assoluta verità ha costituito ed ancora oggi costituisce lo strumento attraverso il quale la donna conquista il proprio futuro rivendicando e riconquistando momento dopo momento quelle pari opportunità di base che la Costituzione prima e le leggi degli anni ’70 dopo le hanno pienamente riconosciuto. Anche in questo caso quindi la visione di Gramsci, partendo dalla semplice constatazione della difficoltà della soggezione della donna nella società, ne aveva denunciato le ingiustizie e le macroscopiche differenze vedendo nella perequazione dei diritti sociali l’architrave sulla quale costruire la visione di una società che riconosce al proprio interno pari dignità sociale e morale a tutti i suoi componenti.

Sembra strano che a distanza di anni e situazioni geopolitiche istanze simili vengano portate avanti da un altro “carcere”. Così un uomo che vede la sua libertà limitata per amore dei propri ideali, riflette sulla condizione della società della sua patria e rivede in essa, denunciandole, le stesse condizioni di ingiustizia che erano emerse agli occhi di Gramsci. Il mio riferimento è ad Öcalan [2]che dall’isola di Imrali affronta una riflessione profonda su Società, Stato e sui vizi capitali che ne inficiano le origini. Egli osserva una cosa rivoluzionaria nella sua semplicità: la società patriarcale si basa sulla affermazione della schiavitù della donna. Riconoscere ed accettare la schiavitù della donna, negandole qualsiasi accesso ai diritti, pone le basi per qualsiasi altra forma di schiavitù. Secondo il leader curdo lo snodo focale dell’evoluzione della società è il passaggio che decide lo scollamento della società patriarcale da quella matriarcale. L’una volta all’accumulo della ricchezza l’altra alla produzione ed alla distribuzione nell’interesse comune. La società patriarcale si avvale della guerra per difendere la proprietà accumulata ed ha bisogno di schiavizzare per massimizzare la produzione stessa. E qual è la forma di schiavitù più vicina e proficua? È la “casalingazione” della donna nel suo rapporto di moglie, madre e lavoratrice senza alcun onere retributivo.

Egli afferma che un ruolo sostanziale nella marginalizzazione della figura femminile in ambito politico decisionale è giocato dalle religioni monoteiste, tenendo conto che l’islām si è appropriato di quel ruolo che alle donne era stato assegnato sia dall’ebraismo che dal cristianesimo pur se i risultati negativi per la riduzione in schiavitù della donna e l’oppressione sessista si percepiscono molto più violente nell’islām. Questa concezione viene approfondita e portata a conseguenze molto più radicali nella più approfondita analisi che Öcalan porta avanti mettendo in diretta relazione la patriarcalizzazione della famiglia, il monopolio maschile e lo Stato nei suoi vari assolutismi. Su questa lineare e al tempo stesso enorme verità egli basa quella che dovrebbe essere la vera rivoluzione sociale, politica e culturale di un mondo che accettando la prima forma di schiavitù si è fondato sulle successive e conclamate schiavizzazioni.

 

Gabriele Leone

 

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[1] Antonio Gramsci, L’educazione di Edmea, Villaggio Maori edizioni, lettera del 26 febbraio 1927.

[2] Abdullah Öcalan, La rivoluzione delle donne, Edizioni Iniziativa Internazionale.

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Apo: democrazia e autodifesa http://www.ciroma.org/apo-democrazia-e-autodifesa/ Wed, 22 Apr 2015 09:20:50 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1179 Tra la fine degli anni ’70 e gli albori degli anni ’80 si sviluppa e si afferma il PKK o Partito dei Lavoratori del Kurdistan, esso trova il suo fulcro nella figura di Abdullah Ӧcalan che dalla provincia curda di Urfa[1], dove nacque e compì i suoi primi studi, si spostò nella provincia di Diyarbakir per poi affrontare e completare la sua formazione universitaria ad Ankara.

Il PKK si pose come obiettivo, inizialmente, l’indipendenza del Kurdistan e collocò la sua base operativa all’interno del Kurdistan stesso. Tra i suoi obiettivi, accanto all’indipendenza, fissa la fine del feudalesimo, dell’imperialismo e della discriminazione di classe. In effetti Ӧcalan stesso chiarisce che il PKK nasce come una corrente pratico-politica che, analizzando le contraddizioni capitalistiche del XX secolo, utilizzando il metodo del socialismo scientifico, si prefigge di giungere ad una sintesi peculiare che veda unite le istanze di una società progressista con l’identità del vicino Oriente che, guardando alle precedenti esperienze sumeriche, possa trovare una simbolica sintesi tra Oriente e Occidente.

Il PKK non fa riferimento a dogmi intangibili, non verità di fede ma prassi esso “Non si abbandona a sogni di poco prezzo. Fa affidamento sulla forza di uomini d’onore e coraggiosi. A nessuno dei suoi membri si promettono dei vantaggi personali o la carriera. Il suo modo di agire determina una prassi che permette il libero sviluppo della verità, della giustizia e della bellezza. La sua filosofia di vita si fonda sull’uguaglianza e il rispetto del lavoro.”[2]

Innestando su questa base ideologica istanze concrete della società quali, il superamento dello sfruttamento feudale, la struttura per clan, il settarismo religioso, la dipendenza schiavistica della donna, il potenziale rivoluzionario del PKK si imponeva non solo per una richiesta di indipendenza ma per un mutamento globale della struttura sociale.

Il Leader curdo affronta dal punto di vista strutturale e costituzionale i problemi che affliggono la “questione curda” con particolare riferimento alla Turchia, dove era reato alludere al concetto stesso di “curdo”. Öcalan individua proprio in questa negazione dell’esistente uno dei più gravi problemi strutturali che inficiano alla base la “questione curda” in Turchia. Per Apo le macchie da cui si origina il problema della popolazione curda risiedono nella concezione stessa di Stato Nazione nel quale non vengono riconosciute le esigenze che nascono dalla pluralità di diritti e di libertà. Lo Stato Nazione, nonostante possa camuffarsi con vari artifici cosmetici non sarà mai una Repubblica democratica nella quale vengono riconosciuti tutti i settori sociali e rispettate le diversità. Il concetto stesso di patria non può essere assorbito in quello di nazione poiché è un’ampia e chiara lezione della storia che vari gruppi di origine caucasica hanno trovato sede e sviluppato civiltà nell’area anatolica. In una Repubblica democratica il riferimento al concetto di identità di un gruppo non può essere considerato come rigido ma deve aprirsi e offrirsi ad identità che rappresentano diversità. Apo tiene in modo particolare a stabilire le nette differenze che ci sono tra la concezione rigida ed escludente e sostanzialmente fascista, dello Stato nazione e la vocazione includente e plurale di una Repubblica democratica. Ciò è fondamentale perché il livello costituzionale che è alla base dell’uno o dell’altra, comporteranno la condizione di libertà o difficoltà nella quale i cittadini si muoveranno. L’unità nazionale che risulterà da questi principi vedrà il discrimine tra un’entità statale che tende all’omologazione o a quella di una nazione democratica costituita da cittadini multilingue, multinazionali e multi confessionali.

In questa ottica di principi ed in considerazione della situazione turca nella quale costituzionalmente qualsiasi rivendicazione di esistenza etnica è stata punita come lotta al “particolarismo” di kemalista memoria ed è stata vista come attentato alla costituzione, emerge con forza nel pensiero di Öcalan il principio di autodifesa. Egli lo rivendica come libertà inalienabile degli individui liberi, nato dall’esigenza di proteggersi dalle oppressioni dallo sfruttamento “del monopolio Stato-Nazione” e come affermazione dell’esistenza nella società. Egli vede l’attività dello Stato Nazione, e per tanto della costituzione che si è dato, come una volontà pregiudiziale di impoverimento sociale etnico e culturale, sostanzialmente un GENOCIDIO.

Di fronte ad esso ogni individuo è naturalmente autorizzato ad esprimere con tutti i mezzi la propria volontà di autodifesa.

Il PKK nasce come espressione della volontà di autodifesa di un popolo, volta all’affermazione chiara e netta della sua esistenza in una società che tende all’omologazione e alla sopraffazione.

[1]Şanlıurfa, in curdo Riha, talvolta chiamata semplicemente Urfa e nell’antichità Edessa è una città della Turchia.Capoluogo della provincia omonima ha una popolazione di circa 390.000 abitanti, composta da curdi, turchi e arabi. Fino all’inizio del secolo la popolazione della città era per un terzo costituita da cristiani, soprattutto armeni, decimati dalle stragi del 1915 o emigrati.Mc Dowall, D., A moders history of the kurds, Ibtauris, London, 1996, p.422.

[2]Ӧcalan, A., Il PKK e la questione kurda nel XXI secolo, Edizioni Punto Rosso, Milano, 2013, p.105.

 

Di Gabriele Leone

Landscape of the middle east

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Il messaggio di Abdullah Ocalan alla conferenza “Sfidare la Modernità Capitalista II” Amburgo 3-5 Aprile 2015 http://www.ciroma.org/il-messaggio-di-abdulalh-ocalan-alla-conferenza-sfidare-la-modernita-capitalista-ii-amburgo-3-5-aprile-2015/ Thu, 09 Apr 2015 07:49:06 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1127 Ecco il messaggio di Abdullah Ocalan inviato in occasione della conferenza: SFIDARE LA MODERNITÀ CAPITALISTA II
ANALIZZARE LA MODERNITÀ CAPITALISTA – COSTRUIRE IL CONFEDERALISMO DEMOCRATICO del 3-5 Aprile 2015 presso l’Università di Amburgo, Audimax

Cari partecipanti,

nel porgere i miei saluti a voi, voglio salutare tutti coloro che sono alla ricerca della verità con rispetto.Questa conferenza ha una importanza storica per l’illuminazione e implementazione del paradigma della libertà fondamentale per il nostro presente e futuro. In questo senso, credo che questa conferenza contribuirà significatamente alla realizzazione dell’utopia libertaria dell’umanità. Avrei voluto essere con voi oggi. Tuttavia, sento di essere lì con tutte le mie emozioni, i miei pensieri e il mio spirito combattente. Come combattente per la libertà, che si definisce come oppositore alla modernità capitalista, sono molto emozionato nel condividere le mie idee con voi.

La modernità capitalista ha raggiunto i suoi limiti di sostenibilità in molti ambiti. Se dovessi fare qualche esempio, menzionerei: l’estrema crescita della popolazione, l’esaurimento delle risorse, la distruzione dell’ambiente, le sempre più ampie differenze nella società, la dissoluzione dei legami morali, la perdita della poesia e magia della vita a causa dell’estremo stress, la costruzione di armi nucleari che potrebbero potenzialmente trasformare il mondo in un deserto e l’infinite nuove forme di guerra che evocano immagini di apocalisse. Il fatto di aver raggiunto un tale livello ci dimostra che il Regime di Verità ha fallito. Spero di non presentare un’immagine senza speranza. Ma non possiamo rimanere in silenzio e non urlare contro la distruzione della vita che è dentro e di fronte a noi.

E’ a causa dell’obiettivo della modernità occidentale, che consiste nel trio industrialismo, nazionalismo e capitalismo, che questo si sta caratterizzando come il periodo più sanguinoso della storia delle civiltà. La modernità, che si basa sul trio citato, porta guerra nella societa (fascismo), e tra gli stati. La causa, come ripetiamo spesso, è la produzione e distribuzione del profitto. Gli stati nazione, definendo l’industralizzazione come loro principale obiettivo, rendono ovvio che stanno diventando o almeno vogliono diventare, capitalisti. Mentre i capitalisti definiscono i loro obiettivi politici nella forma dello stato-nazione, solo unendo nazionalismo e nazione si può rendere possibile la creazione di stati nazione che è la forma di stato necessaria per il buon funzionamento dello schema del profitto.

La guerra contro la società della modernità capitalista rende l’alternativa della modernità democratica ancora più urgente. La modernità democratica, che è l’odierna forma di forza delle civiltà democratiche, non è né una memoria di tempi antichi né una utopia per il futuro. E’ una istanza portata avanti da tutti gli individui e le unità sociali le cui esistenze e interessi si scontrano e contraddicono il sistema capitalista.

Per rappresentare una alternativa è necessario sviluppare un sistema contro i tre pilastri della modernità: capitalismo, industrialismo e stato nazione. La società democratica e il confederalismo democratico possono essere indicati come contro-sistema che prende il nome di modernità. Grazie alle eredità delle civiltà democratiche, tutti coloro che si oppongono al sistema possono aumentare le loro possibilità di successo collegandosi a questo nuovo sistema.

Il Confederalismo Democratico è la forma politica della modernità democratica, proponendo l’opzione della nazione democratica come strumento di risoluzione di problemi etnici, religiosi, urbani, locali, regionali, e nazionali causati dal modello di società moderna monolitica, omogenea e fascista implementata grazie al modello dello stato nazione. In una nazione democratica, ogni etnicità, concezione religiosa e realtà urbana, locale, regionale e nazionale, ha il diritto di partecipare con la propria identità alla struttura democratica federale.

Il vantaggio della teoria della modernità democratica è che non guarda ai problemi da una prospettiva egemonica e statalista. I sistemi che sono egemonici e stato-centrici, così come la modernità capitalisita, affrontano questioni sociali da una prospettiva egemonica e statalista. Ma il potere e lo stato sono le vere fonti dei problemi che tentano di risolvere con la violenza. Il desiderio di potere uccide la vita. L’era della modernità democratica è un’era in cui scopriremo la vita delle donne libere. Le nazioni nella modernità democratica non possono essere realizzate senza la libertà delle donne. Al contrario, sono rivoluzioni che possono essere realizzate solo condividendo la saggezza e l’attivismo delle donne. Così come la costruzione di società economiche si è sviluppata grazie alla guida delle donne, anche la sua ricostruzione avrà bisogno del potere delle donne. La scienza ecologica è una scienza che può essere riunificata con la società solo con la sensibilità delle donne. La modernità democratica è un’epoca caretterizzata dalla rivoluzione femminile. Otterrà la verità analizzando la realtà della donna e attraverso la partecipazione delle donne libere come strumento costitutivo fondamentale del sistema. La fase capitalista dello stato e della cività basata sul potere non è la fase finale della mente umana. Partendo da ciò, è necessario vivere e mantenere viva la modernità democratica in contrasto alla modernità capitalista. In altre parole, un altro mondo è possibile.

Cari amici,
in generale, discussioni sulla modernità e sulla modernità democratica possono sviluppare una nuova percezione della verità. Prendendo le distanze da vita sprecate in vie sbagliate, possiamo addentrarci in sentieri più giusti e belli. Con una mentalità rivoluzionaria, possiamo rafforzare la nostra comprensione dei concetti di filosofia, arte e scienza e realizzare una vita giusta buona e bella. Non può esserci niente di più prezioso di capire la verità della vita mentre si sta vivendo. La ricerca di verità è la più preziosa attività umana. Se dovessi definire l’uomo, direi che è quell’essere vivente che rende possibile la verità. La verità e amore e amore è una vità libera.

Di nuovo, voglio salutare tutti i partecipanti alla conferenza. Sono molto curioso di conoscere i risultati della conferenza e vi auguro di avere successo. La libertà avrà successo.

Prigione di Imrali,
Abdullah Ocalan
3 Aprile 2015

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Newroz piroz be! http://www.ciroma.org/newroz-piroz-be/ Sun, 22 Mar 2015 06:24:47 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1047 IMG_3489IMG_3578IMG_3617

La festa del fuoco, il Newroz, l’antica festa dei popoli mesopotamici che per il popolo curdo coincide con il loro capodanno. La prima stagione dell’anno curdo è la primavera, buhar, è in questi giorni si è festeggiato il 2627 anno del calendario curdo.
Il Newroz, cade il 21 marzo di ogni anno, nasce da una leggenda che narra di un tiranno sceso a patti con Satana. Una delle vittime sacrificali che venivano immolate per il tiranno Zahhak, nel 612 a.C., uccise il re dispotico e sanguinario, per poter liberare il proprio popolo. Si narra, infatti che questo popolo fosse nato per i molti giovani salvati da un servo dalla carneficina e fatti scappare sulle montagne. Un popolo nato dall’oppressione che negli anni è continuata per le sue stirpi. Questo popolo, i progenitori dei curdi, quindi, viveva per lo più nelle montagne e il ribelle per diffondere la notizia della vittoria e farla arrivare agli altri curdi accese dei fuochi in segno di gioia. Da qui traggono le origini i grossi Piroz che vengono accesi durante il Newroz.
Ancora oggi, nei villaggi, nelle grandi città con un alto numero di curdi, nelle municipalità curde, in Kurdistan e non solo, viene festeggiato il Newroz dove vengono accesi grossi falò, accompagnati da canti e danze di lotta, gioia e speranza. Migliaia di curdi in questa settimana hanno festeggiato il Newroz, quest’anno carico ancora di più, rispetto agli anni passati, di speranza, gioia e lo sguardo verso una nuova primavera dei popoli iniziata con la liberazione di Kobane. Curdi, arabi, yazidi, in questi giorni non hanno festeggiato solo il nuovo anno, ma soprattutto la liberazione dallo Stato Islamico -guidato da al-Baghdadi- di Kobane, hanno ricordato i martiri morti nelle battaglie di liberazione e resistenza, hanno gioito gridando forte al cielo “Biji Kurdistan, biji APO”. E con loro c’eravamo anche noi, una fitta delegazione di italiani provenienti da diverse realtà territoriali e nazionali, abbiamo gioito, cantato, danzato, inneggiato alla lotta, pianto per i martiri delle battaglie e per le uccisioni di numerosi curdi durante alcuni Newroz.
Il Newroz è iniziato il 17 marzo a Etmenek piccolo villaggio di Suruç, città della provincia di Sanliurfa, a ridosso del confine con Kobane, dove vivono centinaia di curdi scappati durante gli attacchi dell’ISIS sulla città, i quali ancora oggi non possono tornare. Migliaia di persone hanno reso omaggio alla resistenza di Kobane, mentre dall’altra parte del confine si sono radunate miglia di persone per salutare i propri fratelli.
Durante i festeggiamenti la co- presidente del DTK (Congresso della Società Democratica), Selma Irmak, si è congratulata con la resistenza di Kobane e in particolare con i suoi artefici: YPG e YPJ. Sottolineando che la rivoluzione del Rojava è soprattutto la rivoluzione delle donne che si è sviluppata seguendo il modello espresso dal leader del PKK Abdullah Ocalan. Ripetendo più volte che la libertà del popolo curdo non è stata chiesta ma si è conquistata autonomamente con la lotta di donne e uomini.
I partecipanti hanno accolto con cori e canti il messaggio delle YPJ, mentre si è sempre più convinti che questa rivoluzione aprirà la porta alla riscossa di tutto il Medio Oriente contro i fascismi, gli estremismi e in particolare contro lo Stato Islamico.
Il 18, per noi, il Newroz è continuato nel piccolo villaggio di Viransehir (municipalità curda), meno di 100.000 abitanti, per lo più curdi e profughi del Kurdistan siriano rifugiati nei campi gestiti autonomamente dalla municipalità. Il piazzale nei pressi del villaggio si è colorato di rosso, giallo e verde e delle bandiere del PKK, YPG, YPJ, HDP e di Ocalan. Anche in questo piccolo villaggio abbiamo gioito con il popolo curdo e allo stesso tempo lanciato un grosso messaggio politico di solidarietà e condivisione delle politiche portate avanti nel cantone del Rojava e delle municipalità curde in Turchia.
Il 19 marzo il Newroz è stato festeggiato anche nella città di Urfa, città che ospita 3 delegazioni italiane. L’antica città dei profeti, storicamente città musulmana e in mano all’ AKP il partito di Giustizia e Sviluppo di Erdogan. Donne, uomini, anziani e bambini si sono riversati in quella piazza, piazza in cui fino a pochi anni fa- per la forte presenza dell’AKP- era vietato esporre immagini di Ocalan, vi era un grande palco dal quale capeggiavano gigantografia di Ocalan e di Kawa il ribelle che uccise Zahak. Tutti agghindati a festa o con gli abiti della guerriglia dai più piccoli ai più anziani a ribadire: Newroz pîroz be/ biji Kurdistan/ biji APO!!!
Quest’anno il Newroz di Urfa si è concluso, a differenza degli altri anni che ha visto duri scontri con la polizia, sangue, feriti e morti, solo con canti di libertà e senza lacrime.
In concomitanza con il Newroz di Urfa si festeggiava il Newroz anche ad Hasake nel Rojava occidentale, dove ci sono state più di 35 vittime e più del doppio sono rimaste ferite per l’esplosione di alcuni ordigni, non si sa quanti, dell’ISIS . La notizia ci giunge qui ad Urfa e gela il cuore e l’anima, ci lascia sbigottiti e spinge molti di noi a partecipare al grande Newroz di Amed capitale curda, dove da anni si svolge il più grande capodanno curdo a cui prendono parte decine di migliaia di curdi, dal Kurdistan e dall’Europa.
Durante il Newroz di Amed (Diyarbakır per i turchi) sono confluite nella città oltre 20000 persone, un’unica distesa che porta i colori curdi, i tradizionali Piroz, canti e danze tradizionali per attendere il messaggio di Ochalan. È stata letta la lettera del leader del PKK davanti alla folla oceanica che ha accolto con molta emozione le parole di APO che riportiamo di seguito:
A TUTTO IL NOSTRO POPOLO
Saluto il nuovo giorno [Newroz] di tutto il nostro popolo e degli amici schierati con la pace, l’uguaglianza, la libertà e la democrazia.
La crisi causata dalle politiche neoliberiste imposte a tutto il mondo dal capitalismo imperialista e dai suoi dispotici collaboratori locali porta effetti sulla nostra regione e sul nostro paese. In questo contesto di crisi, le diversità etniche e religiose del nostro popolo e le nostre culture vengono cancellate da guerre identitarie brutali e senza senso. I nostri valori, storici e moderni, della nostra coscienza e politici, non possono essere messi a tacere, né cedere alla rassegnazione di fronte a questo panorama politico. Al contrario è nostra responsabilità religiosa, politica e morale dispiegare un intervento urgente.
La nostra lotta per la democrazia, la libertà, la fratellanza e una pace dignitosa per il nostro popolo attraversa ora una fase storica. Questa lotta di quarant’anni del nostro movimento, lotta dolorosa, non è stata invano, ma ora ha raggiunto una fase che non può essere portata avanti allo stesso modo. La storia e il nostro popolo chiedono una soluzione democratica e la pace, propria dello spirito del nostro tempo. Su questa base, ci troviamo di fronte alla missione di avviare il nuovo processo in base ai dieci articoli ufficialmente dichiarati nello storico palazzo Dolmabahçe.
Con l’accordo sui principi contenuti nella dichiarazione, vedo la necessità storica di tenere un congresso per fermare la lotta armata intrapresa dal PKK contro la Repubblica turca da quasi 40 anni, e per impostare le strategie e le tattiche sociali adatte al nuovo periodo. Spero che raggiungendo un accordo generale in breve tempo attraverso la commissione per la verità e la riconciliazione, basata sui membri del parlamento e il comitato di monitoraggio, si tenga con successo questo congresso. Ora, con il nostro congresso, il nuovo periodo inizia. In questo nuovo periodo, stiamo entrando in un nuovo processo nella Repubblica turca, sulla base di una cittadinanza costituzionale di liberi ed uguali, come società democratica con un’identità democratica, in pace e in una vita fraterna. In questo modo, per superare i 90 anni di storia piena di conflitti della repubblica turca, stiamo camminando verso il futuro di una pace vera e criteri democratici universali. La vera storia del Newroz è salutare questo processo in vostra presenza. Tuttavia, ciò che è giusto per il nostro paese e il nostro popolo, allo stesso tempo, dovrebbe essere valido per la nostra sacra regione. La realtà dell’imperialismo capitalista degli ultimi duecento in generale, e degli ultimi 100 in particolare, è stata porre le identità etniche e religiose le une contro le altre sulla base del nazionalismo statalista, voglio dire che ha basato la sua esistenza sulla politica del divide et impera fino ad ora!
Dobbiamo essere coscienti che l’ultima forma della brutalità dei poteri imperialisti che non rinunciano alle loro ambizioni sul Medio Oriente, è quella di ISIS. Questa organizzazione forza il significato di brutalità, massacrando curdi, turcomanni, arabi, ezidi e assiri, per non parlare delle donne e dei bambini.
Ora è il momento di terminare questo brutale e disastroso corso, e di procedere verso fratellanza e democrazia, in linea con il nostro passato. Sono convinto della necessità di distensione attraverso identità aperte e democratiche, per superare gli stati-nazione caratterizzati da un nazionalismo conflittuale, estenuante, disastroso, attraverso la politica democratica. Per questo, faccio appello agli Stati nazionali a mettere in atto il nuovo tipo di distensione democratica attraverso la politica democratica, e ancora faccio appello agli Stati nazionali a costruire la nuova casa collettiva democratica del Medio Oriente dentro se stessi. Inoltre, faccio appello oggi alle donne e ai giovani i cui cuori battono per la libertà, e che sono la stragrande maggioranza di questa folla, di riuscire con successo in ambito economico, sociale, politico e nella difesa nel prossimo periodo. Infine, saluto la resistenza e la vittoria di Kobani, che ha un grande significato per la nostra regione e anche per il mondo intero. Per questo saluto “l’anima di Eşme” che è stata migliorata come simbolo della nuova storia. Questi punti indicati sopra, sono un invito irripetibile alla ricostruzione, revisione e recupero della società, per la nostra storia e la nostra vita attuale, per dirla in una frase.
Ancora una volta, saluto questo storico Newroz davanti a voi per tutti i popoli del mondo.
Viva il Newroz!
Viva la fratellanza fra i popoli!
Abdullah Öcalan
Prigione di Imralı
21 marzo 2015
Fonte traduzione http://www.uikionlus.com/abdulalh-ocalan-mesaggio-del-newroz-2015-amed/
Il Newroz continuerà fino al 22 marzo nelle città di Istanbul, Izmir, Bursa, Manisa, Adana e altre città turche.
Il Newroz si conclude con un messaggio di speranza della nuova primavera dei popoli per l’unità di questi senza discriminazioni e persecuzioni rispettando le culture, le lingue, le tradizioni e le identità di ogni uomo e donna non solo in Kurdistan ma nel mondo intero.
Elma Battaglia (C.P.O.A. Rialzo- Cosenza)
Delegazione Urfa 3

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