repressione – Radio Ciroma http://www.ciroma.org Fri, 13 Oct 2023 19:44:20 +0200 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.24 PRENDOCASA A DELINQUERE http://www.ciroma.org/prendocasa-a-delinquere/ Thu, 13 Dec 2018 08:14:05 +0000 http://www.ciroma.org/?p=7061

 In queste ore, stanno notificando a 16 componenti del Comitato Prendocasa un avviso di conclusione indagini relativo al fatto che dietro la sigla del nostro comitato si celerebbe una presunta associazione a delinquere.
La Procura e la Questura della città si cimentano, come al solito, in un teorema infame e surreale. Fummo profetici quando nel 2016 piazzammo un gazebo davanti al Tribunale di Cosenza con su scritto “Prendocasa a delinquere” e presero in mano i microfoni gli ultimi della città. Anche in quel caso apprendemmo dai giornali locali, all’indomani dello sgombero del palazzo di via Don Minzoni, che c’era in corso un indagine conoscitiva per verificare o meno la sussistenza di un'associazione a delinquere dietro le nostre sacrosante azioni.
E stamane il cliché è identico, nomi e cognomi sbattuti in prima pagina come se a Cosenza il problema delle case popolari saremmo noi e non chi per anni ha gestito la cosa pubblica.
Abbiamo sempre operato alla luce del sole, con il sostegno di centinaia di cosentine e cosentini che, di certo, non avranno certo bisogno di interrogarsi per sapere quali sono, da sempre, moventi e finalità delle lotte sociali.
Nel corso degli anni, la città ha imparato a conoscerci, frequentarci e sostenerci, ci ha visto in decine di mobilitazioni, azioni pubbliche, momenti di aggregazione, conosce i nostri volti, i nostri nomi e cognomi, le nostre storie personali. Le nostre parole d’ordine: casa, reddito e dignità per tutti.
Abbiamo scoperchiato definitivamente un “sistema”, quello delle case popolari che per anni è stato bacino di clientela e malaffare, abbiamo fatto venire a galla lo sperpero dei fondi Gescal e denunciato più e più volte la compravendita delle case popolari che avviene nell’ente più corrotto della nostra regione, l'Aterp. Ma siamo a Cosenza, e sappiamo che quando tocchi interessi particolari, invece di essere difeso vieni attaccato e denigrato, perché il “Sistema Cosenza” non deve avere intoppi, non deve avere problemi di nessuna sorta, Cosenza e la sua corruzione dilagante non possono essere messe in discussione.
Chi brandisce l’arma della legalità contro di noi, però, dimentica che i veri criminali sono altri: politici corrotti, palazzinari senza scrupoli, papponi di ogni genere e grado. Il Comitato Prendocasa - e abbiamo la presunzione e l’orgoglio di dirlo - in questi anni, si è trasformato in una grande comunità, sostenuta dalla maggioranza sensibile e attiva della nostra città.
Crediamo che queste infamanti accuse – tese a delegittimare l’immagine della nostra comunità, perché evidentemente ha toccato gli interessi privati di alcuni, il profitto di palazzinari, gli accordi di potere – minaccino la serenità di tutta la nostra città, rappresentando un preoccupante segnale intimidatorio e inquisitorio contro l’operato delle realtà sociali e autogestite come la nostra.
Noi non abbiamo nulla da nascondere e ci difenderemo, come sempre, in piazza e ora anche in tribunale, fianco a fianco, certi della forza e della generosità di donne e uomini che hanno messo la loro vita in gioco per difendere e riprendersi un diritto, e siamo sicuri che ancora una volta non mancherà il sostegno di chi ha frequentato i nostri luoghi, attraversato le nostre occupazioni, sostenuto e contribuito a mettere in piedi le nostre iniziative.
Attendiamo di leggere la montagna di carte e visionare le centinaia di ore di girato, siamo curiosi di leggere quale saranno le accuse che muoveranno per spaccare il nostro movimento, e pronti, tutti insieme, a controbattere. Invitiamo la Cosenza vera, non corrotta, quella che ha ancora una dignità a non demordere e sostenere più di prima questa enorme comunità. Nei primi giorni della prossima settimana si terrà una grande assemblea pubblica.
Chi pensa che con simili infamanti accuse riuscirà a fermarci, sarà costretto a ricredersi.

Cosenza, 13/12/2018.
Comitato Prendocasa

]]>
Cosenza, i Blade Runner aprono la caccia agli “illegali” http://www.ciroma.org/cosenza-i-blade-runner-aprono-la-caccia-agli-illegali/ Mon, 23 Oct 2017 18:00:10 +0000 http://www.ciroma.org/?p=4028 Il buio della notte abbraccia le strade della città, ad illuminare l’ asfalto urbano non è la fredda luce dei lampioni ma è il blu dei lampeggianti dei mezzi delle forze dell’ ordine. Una figura cupa con il volto oscurato da un cappuccio osserva la città dall’ alto. In un quadrilatero circoscritto dal Castello Svevo, dal Ponte di Calatrava, dalla chiesa di Santa Teresa e dallo Skyline, si notano tante luci blu che si riflettono sui palazzi e sui marciapiedi. Tra il Crati ed il Busento stiamo assistendo ad un acuirsi delle paranoie securitarie. Auto delle forze dell’ ordine che sfrecciano di continuo, posti di blocco in ogni dove, sembra quasi di vivere in una realtà distopica. Sembra di essere nella Los Angeles del 2019 descritta in Blade Runner, forse è proprio quello l’ obiettivo, trasformare nel giro di due anni Cosenza in una città dove il controllo sociale è esteso a tutti i settori della società, dove gli occhi meccanici osservano i movimenti di tutti noi, dove i poveri vengono ghettizzati, dove viene data la caccia a chi, come i “replicanti”, è considerato illegale. Quelli che una volta potevano essere considerati incubi tecnologici adesso sono un tetro squarcio della realtà.

 
dc022608bd87e19b3ff8c696e929ddaa


Questi altro non sono che gli effetti dell’ applicazione del Decreto Minniti. Nelle città ad essere ricercati sono i migranti, sono i writers, sono gli ultras, sono gli antagonisti che si oppongono allo stato di cose attuali. Chi porta il mondo con se ed è pronto a contaminare la propria cultura con le altre, chi colora i grigi muri dello spazio urbano attraverso l' arte dell' underground, chi aggrega negli stadi e sui freddi gradoni di cemento, chi porta il fuoco del cambiamento dai centri sociali e dalle occupazioni abitative alle piazze e alle strade. Siamo sicuri che siano questi i veri nemici delle città? Chi invece continua a devastare i nostri spazi con nuove colate di cemento, chi continua a speculare sulle nostre vita, chi stringe accordi sottobanco con il benestare dei poteri porti agisce indisturbato.

22365390_1352434898212139_2964833653153541647_n 22366480_1352434694878826_7602818329693690139_n
22405938_1352434774878818_2579757589256539522_n22448413_1352434731545489_9054173238789038973_n


Il questore Conticchio ha deciso di trasportare questo clima opprimente anche a Cosenza. E’ mai possibile che in questa città dove il malaffare regna sovrano, dove si muore nelle corsie di un ospedale, dove i quartieri popolari sono in balia del degrado, dove nel Centro Storico si muore nel rogo di un palazzo, dove il tribunale emette sentenze farlocche, dove le scuole sono inagibili e lo scopriamo dopo anni, dove tanti e tante sono senza casa e senza lavoro, il problema sia il piccolo spaccio? Come si può pensare che sia questo clima di terrore a far smettere i ragazzini di assumere droghe leggere? Per tanti ragazzi che non hanno opportunità lavorative, che sono senza futuro, è facile mettersi a spacciare per alzarsi qualche soldo. Quando si arresta un pusher il suo posto nella “piazza” viene preso da chi prima faceva il palo o magari da chi prima era un semplice consumatore. Quando si viene arrestati e si viene trattati come narcos per qualche grammo di marijuana in tasca si danneggia inesorabilmente la psiche del ragazzo. Magari in questa città si ritornasse a parlare di uso consapevole delle droghe leggere quando intere generazioni sono ammaliate dal corteggiamento della “dama bianca”, che oramai, non si trova più soltanto nei salotti della Cosenza Bene, che comunque non sono mai stati e non saranno mai oggetto di retate, ma che sta diventando sempre più una piaga sociale con un impatto che potrebbe essere simile a quello dell’ eroina negli anni ottanta.


La verità è che per strada ci si sente braccati, oppressi, presto le piazze e le strade potrebbero svuotarsi. Così facendo l’ obiettivo, di chi vuole che la gente rimanga chiusa in casa per paura, sarà raggiunto.

21762525_1337418349713794_1115349701857125434_o


Le città, i quartieri, gli spazi abbandonati, gli stadi rappresentano il battleground dove bisogna combattere una battaglia quotidiana. Il cybercontrollo si sta estendendo e per questo motivo c’ è bisogno di hackerare questa realtà.


Proprio come Arthur Rimbaud che “scriveva silenzi, notti, segnava l’ inesprimibile e fissava vertigini”, una figura cupa con il volto oscurato da un cappuccio osserva la città dall’ alto. Adesso l’ ordine ha fallito, le strade sono invase da ribelli e da agenti del caos che portano avanti strategie di resistenza urbana. Sotto quel cappuccio può esserci il mio volto, il volto di un agente del caos, il tuo volto, proprio tu che stai leggendo, può esserci il volto di chiunque…

]]>
A chi fa paura la repubblica catalana? (di Paolo Perri) http://www.ciroma.org/a-chi-fa-paura-la-repubblica-catalana-di-paolo-perri/ Fri, 22 Sep 2017 08:46:54 +0000 http://www.ciroma.org/?p=3452  La repressione di Madrid, il diritto all’autodeterminazione nazionale e la confusione a sinistra.

catalogna


Votem per ser lluires (votiamo per essere liberi) si legge su uno dei tanti manifesti affissi sulle auto della Guardia Civil, la polizia militare spagnola, assediate dai manifestanti dopo il blitz di mercoledì mattina contro le principali sedi del governo autonomo catalano.

Il governo di Madrid, guidato dai popolari di Mariano Rajoy, ha deciso di gettare la maschera e passare alle maniere forti, esercitando così il proprio monopolio della violenza. Il messaggio è chiaro: il referendum per l’indipendenza della Catalogna, previsto per l’1 ottobre, non si deve fare e la Spagna lo impedirà con tutti i mezzi. Nella prima mattinata di mercoledì, infatti, centinaia di agenti hanno fatto irruzione in diversi uffici della Generalitat (il governo catalano), sequestrando materiale considerato illegale – come le schede elettorali per il referendum – e arrestando 14 dirigenti dell’amministrazione regionale. Si tratta di una vera svolta repressiva che fa seguito alle minacce dei mesi passati e alla sentenza del Tribunale Costituzionale spagnolo che ha considerato illegale il referendum e ha innescato il braccio di ferro tra Barcellona e Madrid che sembra giunto in questi giorni a un punto di non ritorno. Da una parte il fronte unionista che comprende alcuni dei principali partiti spagnoli, dai popolari ai socialisti, con Podemos alle prese con un’aspra discussione interna. Dall’altra l’eterogenea maggioranza indipendentista del parlamento catalano, una strana alleanza tra partiti molto diversi tra loro, che ha assunto le caratteristiche di un vero e proprio governo di scopo pro-indipendenza: il Partido Demócrata Europeo Catalán di Artur Mas, liberale e di centro-destra passato rapidamente dal rifiuto dell’indipendenza al secessionismo, i social democratici di Esquerra Republicana de Catalunya e la sinistra anticapitalista di Candidatura de Unidad Popular. Forti del 60% dei voti catalani, i rappresentanti della Generalitat non hanno ceduto ai ricatti di Madrid confermando il referendum. I segnali della crescente insofferenza spagnola sono stati tanti nei mesi scorsi – sequestri di volantini e manifesti elettorali, perquisizioni nelle sedi di partiti e movimenti politici, minacce di arresti e procedimenti penali – ma i catalani hanno tenuto duro, in un clima di generale scetticismo e nell’indifferenza internazionale.

catalogna1

Gli arresti di ieri, però, insieme all’imponente reazione popolare che ha visto scendere in piazza decine di migliaia di manifestanti, hanno portato la questione catalana al centro del dibattito europeo. Allo stesso tempo sono emersi i soliti stereotipi e la mancanza di capacità interpretativa da più parti.

Soprattutto a sinistra. “Sono come i leghisti!”, “vogliono l’indipendenza perché sono ricchi”, “ritorna lo spettro del nazionalismo” sono alcuni dei commenti che si leggono sui media e sul web. Per questo è necessario fare alcune brevi precisazioni.

In primo luogo è importante sottolineare come il nodo della questione sia il sacrosanto diritto di un popolo ad esprimersi. Questo è oggi in ballo nella partita tra Madrid e Barcellona. Possono i catalani esprimersi sul progetto di una repubblica indipendente? Per il governo spagnolo (e per i socialisti formalmente all’opposizione) la risposta è NO.

Che si tratti di un atteggiamento quantomeno miope è ormai evidente.

È parere di chi scrive, infatti, che se il referendum fosse stato autorizzato e si fosse tenuto anche solo qualche giorno fa, gli indipendentisti lo avrebbero perso.

Proprio come in Scozia nel 2014 quando, nonostante il sostegno di massa di cui gode lo Scottish National Party, un omologo referendum ha visto sconfitti gli indipendentisti. In tanti, non solo in Spagna, sostengono l’illegittimità stessa del referendum, data la decisione del Tribunale Costituzionale, salvo però omettere che la sentenza si basa su norme e leggi approvate dai post-franchisti, alla fine degli anni ’70, per tranquillizzare l’esercito e gli esponenti del vecchio regime sull’indissolubilità dello stato.

Ai difensori dell’inconciliabilità tra marxismo e indipendentismo, invece, si potrebbe consigliare una più attenta lettura dello stesso Marx – per non parlare di Lenin – sul diritto all’autodeterminazione nazionale, ma non è questo il luogo per una discussione ideologica sul tema.

L’idea che quello catalano rappresenti nient’altro che uno sciovinismo frutto del benessere è un altro leitmotiv ricorrente.

Ma anche in questo caso, una breve ricerca sulle origini dell’indipendentismo e il prezzo pagato dai catalanisti dopo la sconfitta repubblicana nella guerra civile degli anni ’30, possono essere utili a fare chiarezza, soprattutto alla luce del successo riscosso dalle formazioni anticapitaliste e indipendentiste in questi ultimi anni. Mentre le polemiche sul tema impazzano, è di queste ultime ore la notizia che gli “estibadors”, i lavoratori portuali (corrispettivo catalano dei nostri camalli), boicotteranno l’approvvigionamento delle navi da crociera che il governo di Madrid ha noleggiato per alloggiare migliaia di poliziotti in procinto di raggiungere la Catalogna.

In un intreccio tra rivendicazioni nazionaliste e conflitti sociali il livello dello scontro pare quindi destinato ad alzarsi nei prossimi giorni, in particolar modo se dovesse essere proclamato lo sciopero generale invocato dalle numerose assemblee popolari attive dalla notte scorsa. Intanto anche tra i catalani contrari all’indipendenza cresce il malumore per la reazione di Madrid.

In fin dei conti l’oggetto della disputa non è la proclamazione unilaterale d’indipendenza, ma la sacrosanta richiesta di potersi esprimere sulla questione. Certo è comprensibile che l’idea di una repubblica in territorio iberico, magari anche d’ispirazione socialista, possa togliere il sonno al governo spagnolo e ai potenti di tutta Europa, ma in questi tempi di autoritarismo e paranoie securitarie anche soltanto rivendicare il diritto di espressione appare intollerabilmente sovversivo.

Il messaggio è arrivato forte e chiaro: la monarchia spagnola deve rimanere “una, grande y libre”. Se ne facciano una ragione questi repubblicani catalani e la smettano di turbare il placido torpore di parte della sinistra nostrana.

]]>
Turchia: durante i cortei per ricordare la morte di Berkin Elvan esplode la rabbia contro lo stato di polizia imposto dall’AKP http://www.ciroma.org/turchia-durante-i-cortei-per-ricordare-la-morte-di-berkin-elvan-esplode-la-rabbia-contro-lo-stato-di-polizia-imposto-dallakp/ Sat, 14 Mar 2015 14:44:34 +0000 http://www.ciroma.org/?p=998 Il 12 marzo 2014, dopo 269 giorni di coma, Berkin Elvan è morto nell’ospedale di Ankara. Il ragazzo di 15 anni che fu colpito alla testa da un candelotto dei lacrimogeni sparati ad altezza uomo, durante le proteste del giugno 2013, in Piazza Taxim per la difesa di  Gezi Park; da quel giorno Berkin Elvan non si è più svegliato. Proprio qualche giorno fa ricorreva il primo anniversario della sua morte. L’11 marzo scorso, infatti, sono scese nelle piazze di Istanbul, Ankara e Izmir migliaia di persone per ricordare il ragazzo ucciso ingiustamente dalla polizia.

Subito dopo il grave incidente, nel 2013, Erdogan ha provato a far credere al mondo intero che la repressione e la violenza della polizia in piazza Taxim durante i giorni della protesta fossero indirizzate contro i famosi «black bloc». Il caso del giovane Elvan è la dimostrazione lampante del fatto che il premier non ha fatto altro che insabbiare la verità di una delle tante morti di stato. La sera in cui Elvan è stato colpito dal candelotto era semplicemente uscito di casa per andare a comprare il pane. Il giovane non stava neppure partecipando alle dimostrazioni di quei giorni, eppure un candelotto di 850 grammi l’ha raggiunto al capo.

Mercoledì sono state decine di migliaia le persone scese in piazza da Ankara ad Istanbul, da Tekirgag ad Izmir. Sono stati diversi i collettivi studenteschi che hanno organizzato boicottaggi, proteste, sit-in, striscionate, volantinaggi e marce commemorative nelle sedi scolastiche ed universitarie di İstanbul. Proprio ad Istanbul c’è stato il numero più alto di arresti e in particolare alla Yildiz Tecnik University, sono stati arrestati 5 studenti del dipartimento di architettura per un sit-in non autorizzato e altri 10 manifestanti mentre versavano vernice rossa sulle scale di Gezi Park.

La protesta più partecipata e conflittuale, con duri scontri tra polizia e manifestanti, si è svolta nel quartiere di Okmeydanı dove i manifestanti hanno costruito vere e proprie barricate mentre la polizia lanciava via aerea i gas lacrimogeni e dai Toma, le vetture da guerra che utilizza normalmente la polizia turca per reprimere le proteste, venivano i forti getti degli idranti. I candelotti dei gas hanno colpito anche numerose finestre delle abitazioni del quartiere provocando non pochi danni anche all’interno delle stesse.

Attraversando le strade del quartiere a qualche ora dagli scontri, esso si presenta come un campo di battaglia. Alla dura repressione della polizia i manifestanti non si sono arresi, hanno risposto con frombole, giochi pirotecnici, sono state sabotate le numerose telecamere di sorveglianza, mentre i militanti armati del Fronte Popolare, riconoscibili tra i manifestanti per essere bardati di rosso, hanno risposto alla polizia con il lancio di Molotov e con colpi di arma da fuoco. Dalla polizia sono stati presi di mira anche numerosi reporter, proprio come durante le proteste di Gezi Park, molte delle loro apparecchiature sono andate distrutte.

La rabbia nelle strade delle grandi città della Turchia è esplosa di nuovo, nonostante quotidianamente si viva un forte stato di polizia, dove la repressione e gli arresti per motivi politici sono all’ordine del giorno. Le genti non restano impotenti, rispondono alla repressione nonostante in queste settimane si stia discutendo presso il Parlamento turco il nuovo DDL sulla sicurezza.

Finestra sul vicino oriente @Elma

berkin

]]>