turchia – Radio Ciroma http://www.ciroma.org Fri, 13 Oct 2023 19:44:20 +0200 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.24 La diretta dalla Turchia con il ciromista Dante Prato http://www.ciroma.org/la-diretta-dalla-turchia-con-il-ciromista-dante-prato/ Sat, 31 Oct 2015 15:29:56 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1826 La registrazione della diretta dalla Turchia in compagnia del ciromista Dante Prato, andata in onda sulle nostre frequenze lo scorso venerdì 23 ottobre. Parliamo della scottante situazione di un Paese, la Turchia, in perenne stato di fibrillazione, denso di contraddizioni, attanagliato dalla morsa di un governo nazionale che, impunemente, reprime le libertà individuali, silenzia i mezzi di comunicazione, contrasta il dissenso, marginalizza popoli.

Radio Ciroma sempre al fianco della resistenza del popolo curdo! Listen up!

 

 

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Le mani sporche di sangue. Turchia, scoppiano le proteste http://www.ciroma.org/le-mani-sporche-di-sangue-turchia-scoppiano-le-proteste/ Tue, 13 Oct 2015 12:08:21 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1692  

Mentre la Turchia piange i suoi morti (97 secondo fonti governative e 128 secondo quelle filo-curde), cresce l’incertezza nel Paese. A nulla sono servite le dichiarazioni di questa mattina del primo ministro turco Ahmet Davutoglu che ha parlato di una soluzione molto vicina per le indagini. Le similitudini con l’attentato del 20 luglio a Suruc – ha dichiarato Davutoglu in una intervista alla televisione turca Ntv – fanno pensare che «l’attentato sia riconducibile all’Is e che costituisca un tentativo di destabilizzare le elezioni del primo novembre». Intanto, tra ieri e oggi, sono state condotte una serie di operazioni antiterrorismo in tutto il Paese e una cinquantina di persone sono state tratte in arresto. Sono in molti però a non credere alle versioni ufficiali, soprattutto tra i sostenitori di Hdp. Anche oggi centinaia di migliaia di persone, in molte città della Turchia, sono nuovamente scese in strada per chiedere le immediate dimissioni del presidente Erdogan, che per il momento tiene duro, anche se si vocifera che nei prossimi giorni, forse nelle prossime ore, potrebbero arrivare le dimissioni del Ministro dell’Interno, Selami Atinok, ritenuto uno dei principali responsabili dei fatti di Ankara, sia per non aver saputo organizzare i controlli sia per la gestione dei drammatici momenti seguiti alla strage.

Anche a Gaziantep, la sesta città più popolosa della Turchia, questa mattina un corteo di migliaia di persone, pacifico ma determinato, ha attraversato le vie del centro città non solo per ricordare i morti, ma per rivolgere accuse precise nei confronti di Erdogan e dell’Akp. Secondo molti cittadini, attivisti filo-curdi e militanti di Hdp le versioni fornite dal governo non sono sufficienti, anzi sarebbero fuorvianti e servirebbero al premier turco per creare un clima di instabilità e di insicurezza sul quale costruire il proprio consenso elettorale. Già ieri, infatti, le parole di Selahattin Demirtas erano state abbastanza dure: «l’Akp – aveva tuonato il leader del Partito democratico del popolo – ha le mani sporche di sangue».

«Tutti sanno che dietro questi attentati c’è una regia ben organizzata – ci dice Ramazan, un ragazzo curdo che abbiamo incontrato stamattina durante la manifestazione –, ma dopo gli ultimi attentati di Suruc e Ankara c’è troppa paura per scendere in strada». C’è paura, ma c’è anche tanta rabbia che cerca di manifestarsi. Proprio per questo nei prossimi giorni continueranno le proteste spontanee. Anche a questo, però, il governo sta tentando di porre un freno, cercando di impedire qualsiasi organizzazione. Da ormai tre giorni, infatti, i social networks risultano bloccati, non solo per limitare la possibilità che immagini e notizie escano dal paese senza passare attraverso la stampa, ma soprattutto per evitare che Twitter e Facebook, con la loro immediatezza ed esplosività, possano costituire il canale per organizzare e gestire le proteste. Quasi tutti i giornali, in Turchia, stanno ignorando la notizia, ma le conferme questa volta arrivano della Gran Bretagna, dall’Independent, che proprio stamattina ha dedicato un pezzo a questa insolita situazione, parlando di una vera e propria censura dei social media da parte del governo. Notizia che viene, inoltre, confermata nelle strade dai cittadini che sanno che in Turchia non è la prima volta che accade una cosa del genere.

Intanto, nonostante la decisione del Pkk di rispettare la tregua fino alle elezioni di novembre, l’instabilità nel sud-est del Paese continua a crescere. In alcune città, soprattutto nel distretto di Sur, si stanno intensificando gli scontri tra filo-curdi e polizia ed è ripreso il coprifuoco. A seguito delle proteste scaturite dopo l’attentato di Ankara – come è stato denunciato da Hdp e confermato da alcune testate turche – due bambine sono rimaste uccise. La prima, di nove anni, sarebbe stata colpita da tre proiettili, probabilmente sparati dalla polizia, nella città di Diayarbakir, mentre la seconda, di soli tre anni, sarebbe stata colpita da un proiettile vagante, mentre era tra le braccia della madre, ad Adana.

 

Dante Prato, Gaziantep 12/10/2015

Le immagini della manifestazione:

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Ankara bombing. La pace tra le bombe http://www.ciroma.org/ankara-bombing-la-pace-tra-le-bombe/ Sun, 11 Oct 2015 14:58:01 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1676 Centinaia di morti ad Ankara durante la manifestazione pacifista e la Turchia piomba nel caos.

Due esplosioni a distanza di pochi minuti fuori dalla stazione di Ankara e la Turchia piomba nuovamente nel terrore. Centinaia di morti (le fonti ufficiali e quelle filo-curde sono ancora discordanti) e centinaia di feriti sono i numeri di uno degli attentati più cruenti nella storia della Turchia, anche se le immagini sono le stesse di qualche mese fa: bandiere di Hdp disseminate sull’asfalto, corpi distesi sulle strade, sangue e gas lacrimogeni.

Decine di migliaia di persone si erano radunate, ieri mattina, nella capitale turca per partecipare al corteo pacifista, convocato dai sindacati dei lavoratori Kesk, Disk, Tmmob e Ttb, per chiedere la fine delle ostilità del governo turco nei confronti del Pkk, proprio nei giorni in cui il Partito dei lavoratori del Kurdistan aveva annunciato un cessate il fuoco in vista delle elezioni politiche del primo di novembre. Una prima esplosione ha colpito i manifestanti filo-curdi del Partito democratico del popolo, formazione che durante le scorse elezioni di giugno ha ottenuto un importante risultato elettorale, conquistando ben 81 seggi in parlamento. Pochi minuti e una seconda bomba è esplosa durante il passaggio dei manifestanti del partito Partizan-Kaldirac. Sono stati attimi di terrore e di angoscia. Alcuni attivisti hanno risposto manifestando la propria rabbia nei confronti della Polizia, che non ha perso tempo per attaccare i manifestanti, sparando colpi di pistola in aria, lanciando lacrimogeni in mezzo ai corpi dei morti e caricando la folla che si stava prodigando nel portare i primi soccorsi ai feriti.

Sono passati pochi minuti dagli attentati di Ankara, quando arriviamo all’Amara Cultural Center di Suruc, dove proprio qualche mese fa un altro attacco aveva provocato la morte di 33 persone, tra studenti e attivisti impegnati nel portare aiuti a Kobane. Le finestre della facciata sono ancora distrutte e lasciano intuire con chiarezza la potenza dell’esplosione, mentre nel cortile campeggiano, circondate da fiori, giocattoli e biglietti, le fotografie delle vittime. Entriamo nel centro e l’aria è quasi irrespirabile. I volti dei pochi attivisti Hdp presenti sono scuri e ci accolgono comunicandoci le notizie che arrivano da Ankara. Mentre scorrono le immagini dei telegiornali gli occhi si gonfiano di lacrime. Per molti di loro è come un déjà-vu. Sono troppo freschi i ricordi dell’attentato del 20 luglio per metabolizzare quello che è appena successo nella capitale. I telefoni squillano incessantemente, la maggior parte di loro attende notizie dagli amici e dai parenti che stavano partecipando al corteo. Nella tragedia, arriva qualche notizia positiva, ma non servono gli abbracci di conforto per spegnere la rabbia. Basta, però, un nostro accenno alle responsabilità, al nome di Erdogan, perché sui volti turbati si faccia spazio un sorriso, seppur di sdegno, compiaciuto del fatto che ci sia una parte dell’opinione pubblica internazionale che riesca a intuire quello che sta succedendo in Turchia, che gli attacchi nei confronti degli attivisti filo-curdi abbiano una regia ben precisa alle spalle. Dopo poco nel centro entrano altri ragazzi italiani della Carovana Rojava Resiste, che arrivano da Diayrbakir, dove in seguito agli scontri tra manifestanti della sinistra filo-curda e della polizia nel quartiere di Hasirli, da un paio di giorni è stato ordinato un nuovo coprifuoco. Insieme a loro visitiamo uno dei campi profughi della città che accolgono gli esuli di Kobane. I bambini, ignari di quello che è successo ad Ankara, ci accolgono con le due dita alzate in segno di vittoria e i loro sguardi infondono speranza. Intanto ad Istanbul e in altre città della Turchia cortei spontanei calcano le strade al grido “Stato assassino”. Infatti, nonostante il presidente turco si sia affrettato a dichiarare che «è stato avviato un grande lavoro per condurre indagini approfondite», che avrebbero già permesso di individuare e catturare uno dei responsabili, al momento non c’è stata nessuna rivendicazione ufficiale e sono in tanti a non credere alle promesse, soprattutto dopo il silenzio piombato sulla strage dell’Amara Center. Migliaia di persone che ancora oggi sono scese in strada, capeggiate dai leader di Hdp, Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, accusando esplicitamente l’Akp di «avere le mani sporche di sangue» e chiedendo le immediate dimissioni di Erdogan. Il presidente turco, invece, ha gioco facile nell’utilizzare gli attentati per richiamare la necessità di una sicurezza che solo lui sarebbe in grado di mantenere e per calcare la mano su un sentimento nazionalista, ormai dilagante in molte zone della Turchia, sul quale sta costruendo gran parte del suo consenso elettorale. A dimostrarlo il fatto che, nonostante il cessate il fuoco dichiarato dal PKK, l’esercito di Ankara proprio stamattina ha condotto una serie di attacchi aerei nel sud est del Paese. Alcuni esperti sostengono, inoltre, che Erdogan potrebbe utilizzare l’attuale instabilità politica per insistere sulla necessità di dare vita ad un governo di coalizione che gli permetterebbe di continuare a mantenere il potere, arginando la dilagante ascesa di Hdp, un partito che ormai sta canalizzando il consenso dei cittadini non solo sulla questione curda, ma anche su argomenti molto sensibile come l’anticapitalismo, l’uguaglianza e i diritti. E forse questo fa ancora più paura.

Intanto la situazione rimane abbastanza tesa, il processo di militarizzazione è in atto e la presenza delle forze di polizia e dell’esercito lungo le strade, nelle ultime ore, si è abbastanza intensificata, mentre in quasi tutto il Paese già da ieri sera gli account Facebook sembrano come bloccati, probabilmente per l’eccessivo utilizzo, visto il continuo sviluppo di manifestazioni spontanee, ma non ci sorprenderebbe se dietro ci fosse lo zampino del governo, interessato a limitare l’uscita dal Paese di notizie e immagini, come avvenne già qualche mese fa in occasione dell’uccisione del procuratore Mehmet Selim Kiraz.

Dante Prato, Gaziantep  11/10/2015

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Erdogan ha paura dei social (e della perdita di consenso) http://www.ciroma.org/erdogan-ha-paura-dei-social-e-della-perdita-di-consenso/ Tue, 07 Apr 2015 12:19:35 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1113 A una settimana dal sequestro del Dhkc-p del magistrato che doveva indagare sulla alla morte del 14enne  Berkin Elvan per mano della polizia durante le proteste di Gezi Park nel 2013 – terminatasi con la morte dello stesso magistrato per mano della polizia – e dopo che l’hashtag #BizDeSiziSeviyoruz (‘Vi amiamo anche noi’) è rapidamente salito in cima alla lista dei trending topic di Twitter, il regime dell’uomo forte turco Recel Tayip Erdogan si è sentito stranamente vulnerabile.

Ieri, per tutta la giornata, l’accesso ai principali social network è stato bloccato per tutta la giornata per impedire la ri-diffusione dell’immagine del sequestro, diventata ormai virale. Nel corso dei giorni precedenti, si sono verificati numerosi arresti di presunti militanti del Dhkc-p, di simpatizzanti e semplici partecipanti alle manifestazioni che hanno accompagnato il sequestro e il blitz delle teste di cuoio.

Il succedersi degli eventi deve essere inquadrato nelal delicata fase politica che il governo sta attraversando, tra una infinita guerra alle porte, una nuova legittimazione delle aspirazioni kurde – tra la distensione di Oçalan e l’innegabile attivismo nel respingere l’islamo-fascismo dell’Isis – e un sensibile clo dei consensi nei sondaggi.

Erdoğan vuole riconfermare a tutti i costi la sua leadership ed è probabile  l’ennesimo successo elettorale. ma la possibilità per l’Akp di replicare il consenso plebiscitario delle ultime consultazioni si fa meno sicuro. Erdoğan è iroso perché non esercita più il controllo assoluto d’un tempo: il  trono vacilla e certe crepe sono palesi.

da: http://radioblackout.org/2015/04/erdogan-ha-paura-dei-social-e-della-perdita-di-consenso/

intervista ad Elma Battaglia da Istanbul

      Elma_Turchia

Erdogan ha paura dei social (e della perdita di consenso)

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Istanbul: sul sequestro del giudice Mehmet Selim Kiraz http://www.ciroma.org/1090/ Tue, 31 Mar 2015 22:03:13 +0000 http://www.ciroma.org/?p=1090 20 giorni fa ricorreva il primo anniversario della morte di Berkin Elvan, per questa occasione si riversarono nelle strade di Okmendanı, quartiere di Istanbul, centinaia di persone per ricordare il giovane ucciso dalla polizia durante gli scontri di Gezi Park. (http://www.ciroma.org/?p=998)

In seguito alle manifestazioni, svoltesi per chiedere giustizia per l’uccisione del giovane, sono state decine gli arresti per i militanti del Devrimci Halk Kurtuluş Partisi/Cephesi (DHKP/C)(Fronte Popolare Rivoluzionario di liberazione), uno dei tanti partiti dichiarati dalla Turchia organizzazione terroristica.

Questa mattina in uno dei palazzi di giustizia di Istanbul due militanti del DHKP/C hanno sequestrato nel suo ufficio il procuratore Mehmet Selim Kiraz. Il procuratore,  responsabile del processo per la morte del giovane Elvan, è ritenuto dai movimenti turchi un complice dell’omicidio di stato del giovane. i militanti, uno studente della Istanbul University e un giovane avvocato, chiedevano un’accelerazione per la risoluzione del caso Elvan e la condanna dell’assassino del giovane entro le prime ore del pomeriggio.

Nonostante le lunghe trattative tra i militanti del DHKP/C e la polizia turca, trattative che secondo i blog e le pagine facebook vicine al partito stavano andando a buon fine, intorno alle 19.00 la polizia ha dato il via al raid nel palazzo di giustizia. Il raid ha portato alla morte dei due guerriglieri che detenevano in ostaggio il procuratore. Il procuratore, ferito durante l’irruzione delle teste di cuoio turche, è stato condotto in ospedale dove è morto durante un’operazione.

C’è da segnalare che le notizie in merito alla vicenda in Turchia sono state filtrate dalla censura messa in atto da Erdogan, censura che limita la libertà di stampa ed espressione nel paese.

I media in Turchia così come in Italia non menzionano l’arresto di solidarizzanti, giornalisti ed avvocati presenti sotto il palazzo di giustizia oggi pomeriggio. Dopo diverse ore di chiusura dei canali, ritorna on line la pagina di Halkın Sesi TV, tv vicina al partito, dalla pagina si leggono gli inviti a leggere i fatti successi oggi non superficialmente ma come l’inizio di una nuova rivolta popolare in Turchia per la giustizia sociale.

I presunti terroristi sono stati uccisi, così com’è stato ucciso per mano della polizia- e non per mano dei suoi sequestratori- il procuratore. Probabilmente non sarà mai fatta giustizia per Elvan così come le tante vittime di Stato in Turchia e nel mondo.

Dopo la notizia dell’uccisione dei due giovani militanti del DHKP/C sono scesi nelle strade di Okmendanı decine di militanti del partito e solidarizzanti continuando così la resistenza contro la repressione dello stato turco e delle politiche dell’AKP.

Chi sa quanti in Italia e nel mondo conosceranno la verità su quanto è successo oggi nel palazzo di giustizia di istanbul…

alcuni aggiornamenti e dettagli da blog turchi:

http://t24.com.tr/haber/berkin-elvan-davasina-bakan-savci-mehmet-selim-kiraz-adliyede-rehin-alindi,292104

https://www.facebook.com/Okmeydaniii?fref=ts

https://www.facebook.com/HalkinSesiTV2014

Elma Battaglia- Finestra sul vicino oriente

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