L’idea del meridione come “paradiso abitato da diavoli” continua a seminare danni, trasformando la crisi socio-economica del meridione in spia rivelatrice di una presunta tara antropologica. I meridionali “piagnoni” e “sfaticati” sono in realtà cittadini costretti a lasciare la loro terra, ricattati e sfruttati dall’imprenditoria locale che fa leva sull’assenza di welfare e la fame di lavoro, che spesso cadono nella morsa della criminalità organizzata che purtroppo è l’unico “soggetto economico” capace di dare lavoro nei “quartieri dove il sole del buon Dio non da i suoi raggi”. Le responsabilità storiche della classe politica meridionale vengono cancellate ma soprattutto vengono cancellati i tentativi di cambiamento radicale che hanno costellato la storia meridionale e che sono stati repressi nel sangue o piegati dalla mala politica, riscrivendo una storia di supina arrendevolezza o dolorosa rassegnazione.
Basta osservare il dibattito politico in vista delle comunali di Cosenza per accorgersi del livello infimo della classe politica locale, per capirne l’inadeguatezza e rivelare come il problema reale del meridione sia un ceto politico impresentabile. Quale corrispondenza possa avere la metropolitana leggera con l’esigenza di migliorare i trasporti, combattere la precarietà e rilanciare il lavoro in città nessuno ce l’ha ancora spiegato tuttavia, da destra a quella che impropriamente si autodefinisce sinistra, ormai la metropolitana “s’ha da fare”. A nulla sono valsi i rilievi del comitato locale che ha fatto notare, numeri alla mano, come la metropolitana sia inutile e funzionale solo a qualche costruttore locale per incassare un lauto bottino lasciando i costi insostenibili dell’opera ai comuni interessati. Il pericolo di una rinnovata ghettizzazione di Via Popilia, grazie ad un tracciato che spaccherebbe nuovamente la città a metà, non preoccupa gli entusiasti statisti. La politica diventa un juke box di luoghi comuni per cui un ex assessore fallimentare della giunta Scopelliti flirta con il Pd e ci spiega la sua illuminata idea di sviluppo dimenticando la sua certificata incapacità a gestire i fondi europei. La politica si trasforma in una vuota alchimia di sigle, talmente sfacciata da rivelare al meglio il livello di trasversalismo imperante con due destre (Pd, Mancini, Ncd contro Occhiuto) destinate a fronteggiarsi, con programmi simili e nessuna parola su lavoro, precarietà e servizi.
Per far ripartire il meridione servono nuove coordinate politiche, che sorvolano la povertà di questo dibattito e provano a ricostruire un nesso tra la sofferenza sociale e le proposte. Serve un città accessibile che ripubblicizza i servizi, che ripensa al welfare per contrastare i tagli e la precarietà, che sfida lo sblocca italia e pone un freno alla speculazione edilizia, che dice chiaramente che il patto di stabilità è una gabbia irrazionale e folle. Una città dei diritti in cui cancelliamo l’ordine del discorso neocoloniale per cui essendo “meridionali” e “sottosviluppati” i soldi vanno spesi a prescindere: che sia cemento senza controllo o mega cantieri per opere inutili e dannose nessuno disturbi il manovratore perché ogni no ad ulteriori scempi è in realtà la dimostrazione della nostra atavica voglia di non cambiare. Ma è proprio questa perversa idea di sviluppo che ha distrutto il meridione, che ne ha fatto un non luogo da cui si fugge e discarica d’Europa, tanto bello quando devastato. Un’idea di sviluppo che fa dire ad un premier che la priorità è la tav al meridione e non un grande piano di messa in sicurezza del territorio, che spinge verso la metropolitana leggera invece di recuperare le tratte esistenti e investire nel recupero della linea ferroviaria interna, che regala soldi alla cattiva imprenditoria seminando nuove povertà e precarietà col job act, che fa chiudere gli ospedali mentre si sovvenzionano i ras delle cliniche private. E’ arrivato il tempo di liberare le risorse dalla grinfie delle lobby per costruire una programmazione partecipata, per riscrivere un’idea dello sviluppo legata al welfare, i beni comuni ed il lavoro.
Francesco Campolongo
segretario circolo “Gullo Mazzotta” Partito della Rifondazione Comunista