Nel 1992 la Shake Edizioni decide di cimentarsi con la sua prima realizzazione a fumetti. L’esordio è di quelli con il botto: “Il Pasto Nudo” del visionario William Burroughs. Il “Prof. Bad Trip” (al secolo Gianluca Lerici) si accolla l’onore e l’onere di sceneggiare e illustrare l’opera. Bad Trip è uno di quegli artisti che non si pone il compito di essere rappresentante o testimone veridico del proprio tempo, ma uno di quei geni anarchici che trae spunto dalla realtà per deformarla, ampliarla, contaminando le proprie visioni e allucinazioni private con un realismo da strada che, spesso, rasenta la crudezza. La stessa crudezza espressiva che caratterizza la letteratura di Burroughs e, in particolare, “Il Pasto Nudo”, vero e proprio campionario, al di là di ogni tempo e di qualsiasi spazio, di profondi messaggi psicologici e personaggi surreali.
In questa delirante “interzona” (è il caso di dirlo) si collocano i volti in primo piano e i corpi disegnati da Bad Trip. Facce oblunghe, profili esasperati, occhi sgranati o sbilenchi, attorniati, ora, da atmosfere cyberpunk che richiamano l’ingranaggio robotico, ora, da fumosi paesaggi post-apocalittici, ora, da ambientazioni così ricche di dettagli che paiono bizantine.
Tra i 7 psycho-episodi (così li chiama Bad Trip) ci soffermiamo su “L’algebra del bisogno” e “Il delirio nei dettagli”. Nel primo caso, il protagonista confessa la sua totale dipendenza da eroina. Il quadro non è per nulla indulgente o consolatorio: pareti luride, ragnatele, cataste di rifiuti, siringhe e aghi che campeggiano in ogni dove. Il nichilismo più puro, la formula matematica della dipendenza che si fa bisogno quotidiano, bisogno impellente, bisogno che va soddisfatto, pena “occhi che escono letteralmente fuori dalle orbite”. Nel secondo caso, ci troviamo di fronte a delle bellissime tavole prive di commento dove, con perizia quasi enigmistica, Bad Trip ci sprona a scovare i dettagli più nascosti, i personaggi, gli animali, gli oggetti più impensabili. Un modo, visivo e psicologico, per acuire la nostra capacità di attenzione, perché, anche nel delirio più totale, si cela un ordine ben preciso, geometrico, anche se non euclideo, naturalmente.
Il “Prof. Bad Trip”, un talento genuino figlio della cultura punk, non un’icona da idolatrare, un visionario aperto alla contaminazione, non un “santino” da porre in cima a questa o quell’altra corrente artistica.
Parlarne, oggi, significa ricordare a tutti che il mondo dell’esperienza interiore di ciascuno di noi, per fortuna, è ancora tutto da esplorare, che gli stati alterati di coscienza, indotti o meno che siano dall’uso di sostanze psicoattive, incentivano la libera e spontanea creazione di forme, orizzonti e visioni sempre nuove.
Redazione @La kultura è una verdura
Link per approfondire:
Alcune gallerie on line del Prof. Bad Trip su Gomma Tv
Intervista a Bad Trip tratta da “Cyberpunk Videozine 2”, Shake Edizioni
Una delle 3 parti del visionario ciclo musicale di Fausto Romitelli dedicato a Bad Trip. Composto sotto l’effetto di droghe e sostanze allucinogene. Atmosfere incantatorie, dilatate, ma anche elettriche e ruvide, per un impasto sonoro che tiene felicemente insieme tensione classica e sperimentazione audace.