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#Ofinalmentesceglierai? Appello assemblea cittadina

*Il testo integrale dell’appello lanciato in vista di un’assemblea pubblica che si terrà venerdì 23 ottobre alle ore 17:30 presso il Teatro dell’Acquario:

Alcune volte bisogna osare la speranza, immaginarla tra i fiori aridi della realtà e oltre il deserto del presente sfoderando l’ottimismo della volontà contro il pessimismo rassegnato della ragione.

Cosenza è la città che ha visto l’aumento percentuale della disoccupazione più alto in un meridione già di per sé ampiamente disastrato, mentre la mannaia dei tagli lineari e la gabbia del patto di stabilità hanno travolto l’efficienza dei servizi. Le luminarie abbaglianti hanno occultato una realtà sociale fatta di precarietà, disoccupazione e solitudine. Vecchie e nuove povertà costituiscono un fenomeno sociale endemico e dalle mille declinazioni: la povertà materiale di chi inizia a frequentare la Caritas e non arriva più a fine mese (perché ha perso il lavoro, è senza ammortizzatori sociali o subisce una loro erogazione misera e discontinua), la povertà di prospettive, socialità e speranza di chi è incastrato in un’esistenza precaria che cancella ogni traccia di futuro, la povertà di chi non riesce a pagare il fitto o quella di chi lotta inutilmente per farsi rinnovare un contratto.

Il mondo del lavoro si è trasformato in una giungla abitata da im-prenditori locali e capetti legati a piccoli potentati che, dalle casse dei supermercati fino alla solitudine alienante delle cuffie di uno dei tanti call-center, sfruttano un’intera generazione di precari, spesso costretta ad arrendersi e partire lontano, privando questa città di energie giovani e rivoluzionarie.

Il centro storico, un tempo cuore pulsante della città, sta letteralmente cadendo a pezzi. I suoi meravigliosi vicoli, attraversati da degrado e macerie, compongono una geografia della decadenza che ricorda la bellezza perduta di una Cosenza vivace e più giusta. Mentre un’ inutile e costosa metropolitana (che non risolverebbe i gravi problemi legati al traffico) rischia di spaccare nuovamente in due la città e di ghettizzare ancora via Popilia.

Come il centro storico, anche i rapporti sociali si sgretolano, la povertà e la solitudine travolgono il tessuto comunitario e la città si trasforma in una sommatoria di non-luoghi aridi di solidarietà e speranza.

Cosenza è sempre più una città ricca abitata da poveri. Si arricchisce progressivamente fino a livelli parossistici una casta di rapaci prenditori, lucratori sui mille finanziamenti, politici corrotti e gestori monopolistici delle risorse europee e dei beni pubblici, palazzinari speculatori; si impoverisce sempre più la stragrande maggioranza della popolazione. È il trionfo dell’individualismo imprenditoriale che come una crudele lotteria ne premia uno a fronte di altri cento che cadono; è la vittoria del familismo più estremo, di interessi particolari e privati, di una pratica corruttiva e clientelare che ha asfissiato la vita collettiva e colonizzato, avvelenandoli, gli ambiti della democrazia e della partecipazione. I servizi pubblici, nella loro costante decadenza e nella loro progressiva svendita, palesano l’incapacità di questa giunta (al netto della propaganda, interi quartieri sono sommersi dai rifiuti) e la brutale opera ragionieristica di questo governo che fa cassa con il welfare. L’innalzamento delle rette dei nidi, il costo dei trasporti, l’assenza di spazi e luoghi in cui la cultura sia gratuita e accessibile, la gestione privata di alcuni servizi essenziali sulla pelle degli operatori e dei contribuenti segnalano il declino del comune, della sua idea di baluardo dei diritti sociali e della democrazia.

Alla complessità sociale delle mille sfide di una città che attraversa la crisi, di un Comune che deve rispettare l’esito referendario ripubblicizzando i servizi, mentre dall’Europa alla Regione, passando per il governo nazionale, riprende martellante il mantra della svendita dei beni pubblici, la maggior parte della politica risponde con lo spettacolo indecoroso dei voltagabbana, dei paladini del proprio giardino (che fingono di ricordarsi dei diritti sociali a Cosenza mentre li tagliano a Roma), degli amici di rimborsopoli.

Pare ci siano due alfabeti inconciliabili: da una parte la sofferenza silenziosa dei mille volti della crisi e, dall’altra, il chiasso volgare di un ceto politico autoreferenziale che parla di alleanze e macina luoghi comuni ignorando la fisionomia reale della città. L’indifferenza generalizzata verso la politica, se non l’aperta ostilità, non è che la naturale reazione a un quadro degenerato e impresentabile.

Eppure, c’è un’alternativa. Fuori dalla rappresentazione binaria del quadro politico, dalla scelta forzata dei due lati della stessa medaglia rappresentati da chi governa Cosenza e dalla sua presunta opposizione, fuori dalla logica dell’austerità e del neoliberismo che fa degli enti locali un’articolazione impotente dei tagli violenti e verticali, fuori dalla rappresentazione macchiettistica dello scontro politico di chi finge la contesa per poi spartirsi gran parte del potere cittadino consolidando i propri interessi, fuori dal pantano politico di Fi, Pd, Pse e Ncd.

Siamo uomini e donne di associazioni, partiti, sindacati, movimenti o senza alcuna appartenenza che hanno voglia di costruire un’alternativa fatta di lotta alla precarietà, al patto di stabilità, per i diritti sociali e civili. Sappiamo bene che è finito il tempo delle deleghe e dell’autosufficienza: ognuno di noi, nei propri luoghi di partecipazione politica e sociale, fa già tanto, ma tutto questo si è dimostrato insufficiente a mutare il volto di questo presente. La messa in rete delle nostre esperienze e sensibilità, la consapevolezza della necessità di intrecciare sociale e politico per dare nuova linfa a un’idea collettiva di trasformazione, il bagaglio di lotte e battaglie che abbiamo ingaggiato in questi anni, ma soprattutto la certezza che anche un’elezione comunale può e deve essere il terreno su cui provare a ricostruire una maggiore partecipazione, costituiscono le fondamenta di un progetto di alternativa. Un laboratorio di idee e partecipazione, una lista di uomini e donne diretta espressione delle tante resistenze, un canale privilegiato per far filtrare priorità troppo spesso ignorate, una sfida difficile ma necessaria per riconsegnare alla città la speranza di un’alternativa. Partecipazione popolare senza deleghe e lotta al pensiero unico: contro la povertà, per il reddito e il lavoro, per l’autorecupero e lo stop alla cementificazione selvaggia, contro la precarietà, per il diritto alla mobilità e alla casa, per rifiuti zero e diritti civili, per l’accoglienza ed il riconoscimento dei diritti di profughi e migranti, contro il clientelismo, senza padroni né padrini. Continueremo a farli scegliere o finalmente sceglieremo?

Il 23 Ottobre al Teatro dell’Acquario inizia il viaggio verso l’alternativa e tu puoi esserne protagonista.

I primi firmatari dell’appello:

Franco Araniti, Pino Assalone, Andrea Bevacqua, Massimiliano Biafora, Giuseppe Bornino, Francesco Campolongo,  Massimo Ciglio, Giuliana Commisso, Alessandra Corrado, Maria Francesca D’Agostino, Matteo Dalena, Delio Di Blasi, Claudio Dionesalvi, Ibrahima Diop, Francesco Febbraio, Valentina Fedele, Micaela Filice, Valerio Formisani, Marcello Gallo, Ciccio Gaudio, Giuseppe Logrippo, Laura Lombardo, Giorgio Marcello, Gino Marrello, Elena Musolino, Gianni Oliveri, Ernesto Orrico, Giuseppe Pallone, Pierluigi Pedretti, Mario Pescatore, Oreste Pezzi, Giovanni Potente, Enrico Prete, Giuliano Ricca, Pietro Rossi, Alfonso Senatore, Valentina Spinelli, Rosanna Tedesco, Stefania Tropea, Enrico Turco

 

@RedazioneCiroma

 

 

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