(06.09.16) – Napoli
1.1 Cosa è accaduto il 3 e 4 settembre, l’analisi di fase politica, e un accenno alle intenzioni di questo spazio nazionale.
Il 3 ed il 4 settembre diverse centinaia di attiviste e attivisti da tutta Italia si sono incontrati a Napoli con tutta l’energia e la carica di chi sa che oggi, nel paese, si gioca una partita troppo importante per restare a casa.
Il plebiscito del referendum costituzionale, prima invocato e poi negato, – nonostante il governo Renzi continui a rimandarlo evidentemente preoccupato dalla perdita di consenso del suo governo – nasconde, dietro la solita retorica del “cambiamento contro l’immobilismo”, la dettatura europea di scelte politiche anti-sociali, non egualitarie, drammatiche attraverso cui vengono perpetrate la devastazione ed il commissariamento, nella logica fintamente emergenziale, dei territori e delle città.
Le riforme approvate ed in cantiere degli ultimi tre anni vengono da lontano: J. P. Morgan e la BCE ne hanno auspicato la nascita e i vari governi succedutisi, Berlusconi, Monti, Letta e ora Renzi hanno tentato, in linea con questo diktat, di sabotare la Costituzione per liquidare definitivamente la democrazia, il diritto di autodeterminazione dei popoli e ogni forma di democrazia di prossimità. Queste sono la formale ratifica delle politiche attuate dai “governi della crisi”: jobs act, sblocca italia, riforma della PA, “buona scuola” e delle politiche di tagli indiscriminati alla sanità e al welfare che il Parlamento ha, di fatto, imposto introducendo il pareggio di bilancio in Costituzione.
Lo spauracchio della controriforma costituzionale in realtà sancisce la chiusura definitiva di tutti gli spazi di contrattazione sindacale e persino di democrazia rappresentativa , normalizza la sparizione degli ultimi residui di un Welfare – immiserito costantemente dal taglio della spesa pubblica e del pareggio di bilancio in costituzione -, incoraggia una nuova economia di guerra e la chiusura progressiva della frontiere, aiutata pericolosamente dall’ avanzare di un nuova deriva xenofoba e autoritaria.
Dalla Val Susa a Taranto, da Roma e Bologna, Padova, Pisa, Cosenza, dal Veneto alla Sicilia, passando per i lavoratori migranti di Milano, Foggia e Calabria, fino in Abruzzo, in tantissimi hanno messo al centro della discussione collettiva l’esigenza di costruire un processo nuovo, in grado di affrontare lo spaventoso accentramento di poteri proposto dalla riforma costituzionale, con la certezza che solo la ricchezza delle lotte e la forza di un nuovo movimento, con la loro pretesa di un società diversa, della riconquista dei diritti sociali, possano animare una battaglia che non si limiti alla difesa della costituzione esistente, ma la cui ambizione di vittoria consista nell’inaugurare una stagione “costituente” in cui porre la necessità di una riforma politica, etica, e sociale in un paese devastato e impoverito dai paradigmi della Troika e dell’Europa delle neoliberale.
La costruzione di una “comunità dei movimenti” che si riconoscano in questi temi ed in una visione non immodificabile della Costituzione è stato il filo rosso che ci ha portati ad immaginare una campagna referendaria nazionale autonoma, diversificata, che peschi nell’immaginario collettivo, e che rappresenti un “no” dei Movimenti per una nuova costituzione non renziana. quindi non legata alla puntuale decostruzione dei 47 articoli “deformati”, quanto alla necessaria proposta del rilancio di una carta mai attuata e dunque modificabile in senso più egualitario ed adatto alla fase storica come finora non è stata.
Una campagna unitaria che verrà lanciata nello stesso giorno in tante piazze d’Italia “in movimento”, che contemporaneamente, con logo e slogan comuni, e l’infinità creatività delle città ed esperienze ribelli, definiscano la creazione di questa comunità.
Le sue parole d’ordine possono e devono essere vive ed incisive per il futuro del nostro paese. .
Non si tratta di strumenti alternativi ma di momenti diversi e unitariamente conducenti alla vittoria del “no” dei movimenti per un’altra costituzione ed un altro paese possibile.
Si cercherà, inoltre, di dotarsi degli strumenti comunicativi interni e esterni necessari per creare una efficace rete tra tutti i comitati e movimenti che potranno così produrre una campagna referendaria in forma multiforme ma collegata.
1.2 Il minimo comun denominatore tematico della due giorni di discussione.
Organizzare in ogni quartiere, in ogni territorio del paese, in ogni città un NO SOCIALE e COSTITUENTE al referendum è stato il tema centrale dell’assemblea plenaria e dei tavoli di lavoro successivi che hanno discusso di lavoro e non lavoro, di sciopero e delle sue forme contemporanee, di scuola e università, di confini e diritto all’abitare, di devastazione ambientale e grandi opere, di privatizzazioni e neo-municipalismo, di comunicazione , e infine della riappropriazione di futuro, diritti e dignità che oggi un’intera generazione reclama.
1.3 Le nostre proposte per la costruzione di un autunno conflittuale, i temi da mettere al centro del dibattito politico.
1) Dinnanzi alla confusione sulla data del referendum creata ad arte da un governo preoccupato di perdere, in tantissimi hanno espresso l’urgenza di non lasciarsi disperdere, e quindi di dar vita a un processo che parta dalla necessità di esplosione della potenza sociale che risiede nei territori costruendo “mille piazze” di mobilitazione e confronto insieme con quella parte di cittadini che ancora non raggiungiamo, immaginando la disponibilità per la costruzione di un corteo nazionale a ridosso della consultazione referendaria e praticando reale democrazia partecipativa con una presenza collettiva nelle piazze della città durante e dopo le votazioni del referendum stesso.
2) Vogliamo rimettere in moto la capacità di costruire sciopero sociale e metropolitano, vogliamo bloccare i nessi della produzione in città e nelle zone industriali.
Su questo, facciamo appello a tutte le realtà dell’autorganizzazione, alle sigle del sindacalismo sociale e di base, per avviare un percorso immediato in cui si convochi collettivamente uno sciopero sociale e generale da declinare a livello metropolitano e territoriale e da costruire insieme nelle piazze.
Riteniamo imprescindibile una costruzione più ampia possibile che riprenda e faccia avanzare le sperimentazioni che sulle pratiche di lotta sul lavoro si sono prodotte negli ultimi anni ponendosi in relazione con le mobilitazioni che si stanno presentando in Europa.
3) Tutti gli interventi inoltre hanno posto la necessità di animare una campagna referendaria articolata, che si proponga per la vittoria del NO attraversando le piazze delle città, definendo così momenti di discussione pubblica, eproponendo forme di convergenza fra le tante lotte e scadenze di mobilitazione già in campo.
Il nostro invito è quindi condividere i tanti momenti pubblici già convocati a partire dal corteo per Bagnoli il 23 settembre sotto palazzo Chigi per la destituzione del commissariamento di Salvo Nastasi, fino ad arrivare – per il momento – allo sciopero generale e sociale europeo.
4) Abbiamo inoltre espresso la volontà di riconvocarci per gli inizi di ottobre in modo da mettere a verifica il lavoro dei tavoli e gli obiettivi prefissati in questo spazio nazionale per continuare a costruire un autunno delle città e delle esperienze ribelli
Restiamo in aggiornamento su:
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p.s: a breve on line i report dei tavoli di lavoro della due giorni di discussione napoletana.