di Carlo Cuccumarino
Chi decide delle sorti di una città o di un quartiere?
“Chi decide” è un modo di interrogarsi sul governo della città,che è tanto persuasivo quanto rischioso,proprio a causa del fatto che deve cimentarsi con l’amministrazione della città e non solamente con l’esercizio deliberativo o procedurale.
Il rischio è insito nell’amministrare lo spazio urbano esistente tramite l’esercizio di “pratiche e linguaggi nuovi” capaci di essere inclusivi e di rappresentare in senso maggioritario la città.
Il che,a ben guardare,riguarda tutte quelle esperienze che si sono recentemente autodeterminate all’interno del nostro centro storico cittadino in questi ultimi tempi.
Questo tipo di esperienze ,per come esse si autodeterminano, pongono a tutti noi, differenti attori di questi processi, questa domanda di fondo:chi decide? Il che si traduce a dare pieni poteri alle assemblee di quartiere o popolari su questioni come il “patrimonio immobiliare”,questioni infrastrutturali,la sanità ect ect.
Vale a dire,su questioni che riguardano decisioni quanto più orizzontali possibili.
Di conseguenza ci troviamo direttamente davanti a noi il problema di come innestare il passaggio dalla pratica di forme urbane di ribellione e indignazione alla produzione di strumenti di decisione diretta sul governo della città.
Va da sè che noi possiamo provare ad amministrare il nostro quartiere solamente a patto che siamo in grado di discutere,deliberare e gestire bilanci su questi temi.
Spetta a noi,alla molteplicità degli attori sociali e politici che insistono nel quartiere di strappare alla gestione dell’amministrazione comunale quanto più potere verso il basso,redistribuire verso gli istituti di prossimità e nella stessa assemblea,l’autonomia della gestione finanziaria e politica.
Una amministrazione o un sindaco(illuminato) non “cederanno sovranità” se non vi è dall’altra parte un “contropotere” in grado di fare da contrappeso e costruire l’alternativa.
Se così non fosse,quel “che decide” resterebbe una bella evocazione-o addirittura invocazione-che non coglie la domanda di partecipazione e gli interessi di coloro che abitano e producono la città.