Sabato 20 gennaio, il governo turco ha avviato una dura campagna militare contro i kurdi in Siria, con continui bombardamenti aerei e attacchi via terra che hanno già causato decine di vittime (sia civili che combattenti) nel cantone di Afrin, controllato dalle forze rivoluzionarie kurde YPG e YPJ. Giustificata ufficialmente come operazione anti-terrorismo, in realtà l’invasione di Afrin è condotta dall’esercito di Erdogan anche attraverso gli attacchi dei gruppi jihadisti siriani, sotto la fantomatica sigla mediatica di Esercito Siriano Libero.
L’attacco turco mira a colpire l’esperienza rivoluzionaria kurda del Rojava basata sui princìpi del confederalismo democratico (liberazione femminile, democrazia diretta, convivenza tra i popoli ed ecologia), che ha coinvolto le altre popolazioni della Siria del Nord come unica alternativa rivoluzionaria mediorientale, antitetica all’ordine reazionario dell’ISIS e autonoma rispetto alle mire geopolitiche delle potenze internazionali.
Questo attacco si inserisce all’interno della nuova stretta repressiva contro i kurdi intrapresa da Erdogan, attraverso la distruzione delle città kurde in Turchia (Cizre, Sur, Nusaybin, Sirnak), e le migliaia di arresti tra esponenti politici, giornalisti, attivisti e accademici kurdi o solidali con le istanze della società kurda.
Nonostante le forze kurde siano state le uniche ad opporsi realmente all’ISIS in Siria, l’aggressione di Afrin è avvenuta con la complicità della Russia (responsabile dello spazio aereo), che ha ritirato le proprie truppe dalla zona a poche ore dai primi bombardamenti aerei, e nell’assordante silenzio degli USA e dell’Europa, subalterni alle politiche genocide perpetrate dalla Turchia, membro strategico della NATO.
Le politiche commerciali ed energetiche e gli interessi delle industrie belliche, ancora una volta, prevalgono sugli interessi e i diritti fondamentali delle popolazioni, secondo la peggiore tradizione geopolitica.
Come per la resistenza del 2014 a Kobane, assediata dall’ISIS, la rivoluzione del Rojava ha bisogno oggi della solidarietà internazionale, per rompere il muro del silenzio sugli attacchi di Afrin e denunciare la politica criminale della Turchia di Erdogan e dei suoi sostenitori internazionali.
Progetto AZADÎ
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