Proviamo a fare un focus sulla nostra regione – tenendo ben a mente che questo virus non conosce confini, razza o religione – partendo dai dati che la Regione Calabria ha pubblicato dal 10 marzo.
Senza avventurarci troppo in analisi e dettagli, perché abbiamo profondo rispetto per esperti e specialisti, qualche considerazione sparsa, però, concedetecela comunque. Leggere correttamente e consapevolmente i dati della curva epidemiologica nella nostra regione, infatti, ci potrà aiutare a trascorrere meglio e più preparati i prossimi giorni di quarantena, di restrizione delle nostre libertà personali.
Notiamo subito che, dalla sala dell’emergenza Covid-19 della Regione, si parte un po’ male, in quanto il primo giorno di emergenza “i conti non tornano”, poiché il dettaglio non coincide con il totale dei contagiati, errore che per fortuna rientra nei successivi giorni, a testimonianza che la confusione, nelle battute iniziali, è stata davvero tanta, per tutti. Anche per gli esperti pluripoltrone che governano le nostre vite.
Da una prima analisi, poi, di questi dati grezzi, possiamo notare come vi sia stato un picco di ricoverati in terapia intensiva nei giorni 25/26 marzo e come a questi corrispondano, nei giorni immediatamente successivi, un aumento di guariti e deceduti.
Mettendo insieme questi dati sotto formato grafico, per una più agevole lettura, si può notare, anche se non immediatamente, che siamo a ridosso, o abbiamo già raggiunto, i picchi per ogni “situazione” (guariti, sintomatici, ospedalizzati, ecc.).
(Grafico 1 - panoramica generale su dati ufficiali Protezione Civile)
Innanzitutto, inquadriamo la situazione della nostra regione a livello nazionale. Il sud Italia sembra essere scampato al pericolo del dilagare della pandemia, a livelli incontrollati, rispetto al drammatico andamento relativo al resto della nazione. Stiamo parlando di un dato aggregato che si attesta sul 10% rispetto al numero dei contagiati delle regioni del nord Italia. Sono diversi i fattori per cui il contagio, almeno per il momento, a queste condizioni di chiusura quasi totale delle attività umane, fortunatamente, non dilaga.
(Grafico 2 - fonte: aifi.net)
Con il lavoro informatico/statistico del programmatore Daniele Ricci – utilizzando i dati ufficiali della Protezione Civile, pazientando affinché se ne raccogliessero di sufficienti – si inizia a visualizzare picchi e proiezioni.
(Grafici 3/7 - dati Protezione Civile, elaborazione Daniele Ricci)
Come, quindi, possiamo notare, al momento, siamo in linea con le proiezioni. Gli ultimi giorni vi sono stati degli aumenti dati dal caso della RSA di Chiaravalle Centrale, caso evidentemente mal gestito, in tutta la sua complessità umana, mediatica e legale, tra il gestore della struttura e la Regione Calabria, nella persona della presidente Jole Santelli.
E sono proprio questi i casi che andranno gestiti bene, al meglio, nelle prossime settimane, per evitare che il lavoro messo in piedi, con il sacrificio e la disponibilità di tutti, venga vanificato.
Le premesse diciamo che, al momento, purtroppo, non ci sono tutte, affinché i casi di assembramenti “forzati” di persone vengano gestiti al meglio, come è tragicamente emerso, appunto, nel caso citato delle residenze per anziani e in quello degli accampamenti dei migranti di Rosarno, almeno per quanto concerne la nostra regione.
Gli anziani potrebbero andare a saturare ben presto i posti letto di terapia intensiva e i migranti, costretti a non lavorare, e quindi vicini al baratro della disperazione, potrebbero contribuire a diffondere il virus, qualora decidessero di andare via dalla Calabria.
(Grafico 8 - fonte: Matteo Villa ISPI, dati)
In attesa che si stabilizzi il caso della RSA di Chiaravalle e che si prendano provvedimenti per un controllo di tutte le altre RSA della regione, invece, il caso dei dannati di Rosarno sembra decisamente prendere una piega sbagliata, date le notizie che giungono dal decimo piano della Regione Calabria. Il neo vice-presidente della nuova Giunta, infatti, il “signor” Nino Spirlì ha già pubblicamente tuonato contro i migranti, additando a una loro presunta inesistente vena collaborativa, possibili futuri problemi in relazione all’emergenza epidemiologica. Un atteggiamento intimidatorio che, di certo, non aiuta la risoluzione della delicata e precaria situazione.
Altro possibile veicolo di contagio, poi, sono le persone che sono costrette a muoversi per andare a lavorare, ma tale questione, come ben sappiamo, è pane, decisamente mal masticato, della politica nazionale, e non riguarda solo la nostra regione. Esemplificativa è stata la diatriba andata in onda qualche settimana fa, quando il Governo, Confindustria e i Sindacati si sono esibiti nel “teatrino mediatico” del “chiudiamo tutto, però…”. E, in quel “però”, drammaticamente, sono contenuti i destini di migliaia di persone che, ogni giorno, per garantire il profitto di pochi e non frenare la produzione del Paese, rischiano di ammalarsi.
Possiamo notare, a tal proposito, dalle statistiche pubblicate nel Community Mobility Reports dal divoratore di dati personali Google, come il numero di persone tracciate in aree/luoghi di lavoro sia quello che ha subito la riduzione minore. E la Calabria, da questo punto di vista, è sostanzialmente in linea con il resto della nazione, se non leggermente migliore.
(Grafico 9 - Community Mobility Report, Calabria)
Naturalmente, si tratta solo di una prima bozza di analisi dei dati in nostro possesso e, nelle prossime settimane, continueremo a provare a trarre qualche utile riflessione, per tutti, seguendo i continui aggiornamenti.
In buona sostanza, al momento, possiamo affermare che la diffusione del virus, anche nella nostra regione, può essere sensibilmente frenata se le istituzioni, finalmente, riusciranno a gestire correttamente le situazioni più delicate, in cui sono coinvolti soggetti fragili, anagraficamente maturi o economicamente disagiati. Ancora una volta, senza voler nulla togliere, ahinoi, alla portata “naturale” di sviluppo del virus stesso, le mancanze di chi gestisce la cosa pubblica risultano decisive per aggravare o, perlomeno, non attenuare la diffusione del contagio. Per non parlare, come abbiamo scritto poco sopra, dei lavoratori costretti a muoversi quotidianamente. Possibile che le sorti dell’economia nazionale risultino più importanti della vita di migliaia di cittadini? Noi ce lo chiediamo e non smetteremo di chiedercelo, consapevoli che tutti siamo chiamati a rispettare le regole, non per mero e insensato timore, ma per il profondo senso di responsabilità che nutriamo nei confronti dei nostri territori e delle nostre comunità di riferimento.