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L’Europa di Tsipras

Due vecchi adagi dei secoli scorsi vengono in mente se si pensa all’attuale contesto politico ed economico dell’Europa unita e monetaria e della crisi. “Scopri chi ne ha tratto guadagno e troverai il colpevole”, il primo, “la storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa”, il secondo. E mentre della sensatezza del primo possiamo essere certi, su quella del secondo resta ancora qualche dubbio.
E’ cosa certa cha la crisi in atto non è un fenomeno casuale e transitorio ma un fenomeno strutturale, che affonda le proprie radici nelle distorsioni del sistema monetario e finanziario, frutto di una “irresponsabilità sociale di istituzioni politiche ed economiche che raramente si era verificata nella storia”, che ha permesso ai colpevoli irresponsabili di trarre enormi guadagni sulla pelle dei più poveri. Quelle stesse entità finanziarie che qualche anno fa fronteggiavano le voragini di bilancio ora gongolano prosperose, premiate dall’illogico meccanismo che ha consentito loro di rivendere agli Stati gli stessi soldi che la BCE ha precedentemente spremuto.
Già, perché gli Stati versano moneta sonante nel “fondo salva Stati”, predisposto dall’Europa per far fronte alla crisi del debito e messo a disposizione dei paesi a rischio tracollo previa accettazione dei memorandum della Troika ossia dei vincoli di riduzione della spesa. Contestualmente, L’Europa continua a finanziare a tasso irrisorio le banche private che con quei soldi acquistano titoli di stato ad un tasso 5-6 volte superiore. Ma dove prendono i soldi per il fondo gli stati? Da tagli sulla spesa e, badare bene, dall’emissione di nuovo debito pubblico. Si parla di crisi del debito si attuano le misure per ridurlo ma a causa di questo giro capestre il debito italiano aumenta di venti punti percentuale. Allo stesso tempo, le banche italiane reinvestendo i soldi della BCE in titoli di stato avrebbero guadagnato 15 miliardi solo nel 2012.
Trovato chi ci guadagna, trovato il colpevole.
Il prezzo sociale di tutto questo è elevatissimo e lo dimostrano gli effetti drammatici delle politiche di austerità, in Grecia come in altri paesi, Italia compresa. Non esagerano i ministri di Tsipras quando parlano di crisi umanitaria, perché la Grecia oggi si trova a fronteggiare macerie paragonabili a quelle prodotte da una guerra. I dati, come quelli sulla disoccupazione in costante aumento, mostrano solo parzialmente la portata del danno, perché anche chi ha un salario oggi in Grecia si trova a fare i conti con la povertà. Ogni forma di “pubblico” non esiste più e la sanità è un lusso concesso solo a chi può permettersela, e non serve sfoderare dati sul crollo del welfare di fronte ad una mortalità infantile aumentata del 43%.
In uno scenario europeo che ha accettato supinamente le politiche di austerità, la costituzione di un fronte anti-troika in Grecia va accolta come un segnale di speranza, al di là delle controverse alleanze che costituiscono il patto di governo. Un paese membro dell’Eurozona dà un segnale inequivocabile di rigetto delle politiche d’austerità fin qui dominanti e imposte con il ricatto e la paura dai poteri dell’oligarchia finanziaria. Ricatto che viene riproposto con forza in questi giorni dall’Europa, che minaccia di chiudere i rubinetti del fondo salva stati che consente alla Grecia la liquidità necessaria alla sopravvivenza.
Come era prevedibile i giochi si sono subito fatti duri e il governo greco a questo punto necessita di alleanze in quanto difficilmente avrà la forza di imporre da solo la propria linea in Europa. La trama di alleanze che Tsipras sarà capace di costruire tra gli altri paesi del mediterraneo risulterà fondamentale, altrimenti sarà costretto a mitigare di fronte all’Europa le proprie richieste. E se l’auspicabile affermazione di Podemos in Spagna prospetta un punto a favore del fronte della sinistra anti-austerità, difficilmente Italia e Francia andranno oltre qualche dichiarazione di vaga simpatia, prontamente seguita da dietrofront cinguettati.
Il ruolo dei movimenti allora potrebbe essere determinante in chiave anti austerità se questi fossero in grado di coagulare una forte opposizione sociale in tutta Europa, capace di confliggere con le forze istituzionali e sostenere l’istanza greca contro l’oligarchia finanziaria. Questi stessi movimenti dovrebbero farsi portatori un’ulteriore istanza contaminatoria impedendo a Syriza e Podemos di istallarsi su posizioni puramente rappresentative ma spingendole oltre; oltre una sterile restaurazione delle condizioni pre-crisi, continuando ad alimentare i laboratori politici di partecipazione da cui essi hanno preso vita.
L’alternativa, posta la rabbia del ceto medio impoverito, la crescita di istanze populiste e nazionaliste, la recessione di lungo corso che si prospetta, è che le spinte autoritarie prendano sempre più piede in Europa. E non è detto che in questo caso la storia possa ripetersi come farsa.

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