Storia

Buona domenica (Con i miei anni Ottanta) Di Paride Leporace

Buona domenica amici miei. Non mi va oggi di scrivere del Volo sanremese e di patinate sfumature di grigio. Ieri ad Itaca la Ciroma e la sua gemmata Radio hanno compiuto un quarto di secolo. Una storia che ho già raccontato.

Anche per chi non è mai stato ad Itaca puo’ essere divertente apprendere dove nacque quell’humus e l’utensile comunicativo. Negli anni Ottanta futili per definizione. Sostanzialmente una festa continua. Un party colorato a Cosenza come un adesivo dei Nuclei sconvolti con i disegni copiati da Frigidaire e le parole d’ordine creatività e confusione. Chiusa la militanza e il reducismo le piazze si erano allargate e i tempi dilatati. Ricchi e poveri, ex fascisti e filobrigatisti, figli di papà e figli di puttana tutti insieme appassionatamente.
Vasche su vasche alla ricerca di soldi, droghe e vita da vivere. Perennemente attaccati ai treni, l’aereo ancora lo prendevano in pochi. I primi giubbotti di pelle con la zip di traverso erano di cartone colorato e da Bertucci costavano 10000 mila lire. I dischi dopo il periodo di Natale a via Alimena si compravano al Punto Rosso sotto Villansurfa. La notte al cinema potevi trovare tutta la gioventù ribelle di Itaca che fumava le canne in sala. Le maschere facevano finta di non vedere pensando all’incasso. Poi Craxi prima di Fini mandò polizia con i cani in sala e quella giostra finì.
Non c’era ordine ma solo ricerca della felicità. Come macchine volanti impazzite in molti ci rimisero la pelle. Sono morti più ragazzi di droga negli anni Ottanta che non durante gli anni di piombo che a Cosenza sono stati invece leggeri come le piume.
La città che amava i Sound. Un incidenza statistica di fans altissima possedeva e conosceva tutti e tre gli Lp del gruppo inglese. Al concerto di Catanzaro si mosse tutta la truppa punkettara. E’ finita con incidenti prima, durante e dopo il concerto che riapriranno un conflitto generazionale durato un decennio.
Pochi comunisti sopravvissuti alla repressione e alle Brigate Rosse tennero acceso il cerino controculturale. Punk berlinesi, quelli bolognesi e milanesi e soprattutto i Cccp avvicinarono Itaca al mondo. Poi i Litfiba e il dark diventò di massa. Gregory Corso passò e frequentò i sotteranei locali. Ad Arcavacata molta “mupia” ma gli irregolari non mancavano nell’occupare gli spazi. Apparvero persino i ragazzi dell’Ottantacinque che nessuno aveva mai capito da dove erano spuntati. Aprivano i primi pub e le discoteche e il mondo si shekerava ballando fino all’alba. La transumanza estiva sulla costa tirrenica ti conduceva in ville lussuose da nababbi o in camping da Andrea Pazienza. Le stesse tshirt, la stessa noia, la voglia di stonarsi. La cocaina era puntata di rosa ma tutti fumavano una marijuana buonissima che arrivava da Rovito e che ha lasciato vanto. I tossici arrivavano fino in Puglia per trovare ogni giorno eroina. La girandola cresceva e quando all’ospedale civile iniziarono a regalare la morfina non si è capito più niente.
Nobili in combutta con rapinatori, la buona borghesia che si sposava con il proletariato. La politica faceva i suoi affari e “i giovani” pensavano a divertirsi il mondo. Toghi, mods, delinquenti e spacciatori. Poi nacque la più importante banda metropolitana della città e nulla fu più come prima. Gli ultrà. Un fenomeno di massa in crescente aumento durante tutto il decennio. Qualcosa di simile alle bande rap del Bronx che nel nome del pallone ha aggregato gente tra la più diversa tra essa.
Transumanza tra le piazze. Kennedy e Palazzo, l’estate a piazza Loreto ma anche i quartieri periferici. Cazzotti e baci. Sesso, droga e rock’n’roll. Anche qualche giudice è finito al tappeto per la strana triade in quel periodo.
Treni e viaggi in R4 e pandini. A Roma per comprare il Nero (afgano), a Firenze per i Jesus Mary Chain, a Milano per comprare cento vestiti da teatro lirico per poi scenderli in uno scompartimento di treno e poterli fittare ad ogni Carnevale. E a Capodanno prendersi il lusso di indossare il frac. Passaggi in convento con il monaco più pazzo che c’è che dopo la strage dell’Heysel fa arrivare da tutta Italia gli ultrà della serie A. E i giornali scoprirono la folle Cosenza vent’anni prima dell’operazione No global. Ere che si tengono per mano.
Case devastate in occasioni di sventurati compleanni, battaglie con i raudi che trasformavano le piazze natalizie in Beirut, le cantine affollate come i bar dell’aperitivo della domenica. Qualcuno voleva far saltare il monumento delle Aquile con la dinamite per vedere l’effetto che fa. Non c’era logica, non c’era credo. I soldi erano patrimonio delle comitive. Non era comunismo ma vita di gruppo.
C’era molto stile. Nel vivere e nel vestire. Salivi in un’automobile e ti ritrovavi in una masseria siciliana per comprare cento litri di vino, chiedevi un passaggio per Torremezzo e invece ti ritrovavi a Firenze a vedere Lou Reed.
Poi siamo diventati grandi. Senza accorgercene. Il 14 febbraio 1990 Ciroma e tanti ciromisti riannodavano il tempo all’antica marmaglia che non teme il futuro. Scoprivamo la città. Eravamo diventati cittadini. La potenza della città. Un quarto secolo dopo la potenza espressa da una serie di personaggi, comitati e realtà che hanno prodotto, e continuano a farlo, qualcosa di importante per la città di Cosenza, tanto dal punto di vista artistico-culturale quanto da quello sociale: gente come Ernesto Orrico e Francesca Gariano di Libero Teatro , il comitatoPrendocasa Cosenza, Ahmed Berraou (capo della comunità islamica cosentina), Sergio Crocco alias Canaletta per La Terra di Piero, i giornalisti di Mmasciata.it, la Coessenza – casa editrice, i ragazzi di Officine Babilonia, l’Ambulatorio medico dell’User Cosenza e tanti altri.
Buona domenica a tutti.
Da www.parideleporace.it

 

Comments are closed.