Tra la fine degli anni ’70 e gli albori degli anni ’80 si sviluppa e si afferma il PKK o Partito dei Lavoratori del Kurdistan, esso trova il suo fulcro nella figura di Abdullah Ӧcalan che dalla provincia curda di Urfa[1], dove nacque e compì i suoi primi studi, si spostò nella provincia di Diyarbakir per poi affrontare e completare la sua formazione universitaria ad Ankara.
Il PKK si pose come obiettivo, inizialmente, l’indipendenza del Kurdistan e collocò la sua base operativa all’interno del Kurdistan stesso. Tra i suoi obiettivi, accanto all’indipendenza, fissa la fine del feudalesimo, dell’imperialismo e della discriminazione di classe. In effetti Ӧcalan stesso chiarisce che il PKK nasce come una corrente pratico-politica che, analizzando le contraddizioni capitalistiche del XX secolo, utilizzando il metodo del socialismo scientifico, si prefigge di giungere ad una sintesi peculiare che veda unite le istanze di una società progressista con l’identità del vicino Oriente che, guardando alle precedenti esperienze sumeriche, possa trovare una simbolica sintesi tra Oriente e Occidente.
Il PKK non fa riferimento a dogmi intangibili, non verità di fede ma prassi esso “Non si abbandona a sogni di poco prezzo. Fa affidamento sulla forza di uomini d’onore e coraggiosi. A nessuno dei suoi membri si promettono dei vantaggi personali o la carriera. Il suo modo di agire determina una prassi che permette il libero sviluppo della verità, della giustizia e della bellezza. La sua filosofia di vita si fonda sull’uguaglianza e il rispetto del lavoro.”[2]
Innestando su questa base ideologica istanze concrete della società quali, il superamento dello sfruttamento feudale, la struttura per clan, il settarismo religioso, la dipendenza schiavistica della donna, il potenziale rivoluzionario del PKK si imponeva non solo per una richiesta di indipendenza ma per un mutamento globale della struttura sociale.
Il Leader curdo affronta dal punto di vista strutturale e costituzionale i problemi che affliggono la “questione curda” con particolare riferimento alla Turchia, dove era reato alludere al concetto stesso di “curdo”. Öcalan individua proprio in questa negazione dell’esistente uno dei più gravi problemi strutturali che inficiano alla base la “questione curda” in Turchia. Per Apo le macchie da cui si origina il problema della popolazione curda risiedono nella concezione stessa di Stato Nazione nel quale non vengono riconosciute le esigenze che nascono dalla pluralità di diritti e di libertà. Lo Stato Nazione, nonostante possa camuffarsi con vari artifici cosmetici non sarà mai una Repubblica democratica nella quale vengono riconosciuti tutti i settori sociali e rispettate le diversità. Il concetto stesso di patria non può essere assorbito in quello di nazione poiché è un’ampia e chiara lezione della storia che vari gruppi di origine caucasica hanno trovato sede e sviluppato civiltà nell’area anatolica. In una Repubblica democratica il riferimento al concetto di identità di un gruppo non può essere considerato come rigido ma deve aprirsi e offrirsi ad identità che rappresentano diversità. Apo tiene in modo particolare a stabilire le nette differenze che ci sono tra la concezione rigida ed escludente e sostanzialmente fascista, dello Stato nazione e la vocazione includente e plurale di una Repubblica democratica. Ciò è fondamentale perché il livello costituzionale che è alla base dell’uno o dell’altra, comporteranno la condizione di libertà o difficoltà nella quale i cittadini si muoveranno. L’unità nazionale che risulterà da questi principi vedrà il discrimine tra un’entità statale che tende all’omologazione o a quella di una nazione democratica costituita da cittadini multilingue, multinazionali e multi confessionali.
In questa ottica di principi ed in considerazione della situazione turca nella quale costituzionalmente qualsiasi rivendicazione di esistenza etnica è stata punita come lotta al “particolarismo” di kemalista memoria ed è stata vista come attentato alla costituzione, emerge con forza nel pensiero di Öcalan il principio di autodifesa. Egli lo rivendica come libertà inalienabile degli individui liberi, nato dall’esigenza di proteggersi dalle oppressioni dallo sfruttamento “del monopolio Stato-Nazione” e come affermazione dell’esistenza nella società. Egli vede l’attività dello Stato Nazione, e per tanto della costituzione che si è dato, come una volontà pregiudiziale di impoverimento sociale etnico e culturale, sostanzialmente un GENOCIDIO.
Di fronte ad esso ogni individuo è naturalmente autorizzato ad esprimere con tutti i mezzi la propria volontà di autodifesa.
Il PKK nasce come espressione della volontà di autodifesa di un popolo, volta all’affermazione chiara e netta della sua esistenza in una società che tende all’omologazione e alla sopraffazione.
[1]Şanlıurfa, in curdo Riha, talvolta chiamata semplicemente Urfa e nell’antichità Edessa è una città della Turchia.Capoluogo della provincia omonima ha una popolazione di circa 390.000 abitanti, composta da curdi, turchi e arabi. Fino all’inizio del secolo la popolazione della città era per un terzo costituita da cristiani, soprattutto armeni, decimati dalle stragi del 1915 o emigrati.Mc Dowall, D., A moders history of the kurds, Ibtauris, London, 1996, p.422.
[2]Ӧcalan, A., Il PKK e la questione kurda nel XXI secolo, Edizioni Punto Rosso, Milano, 2013, p.105.
Di Gabriele Leone