L’università della Calabria non riconosce se stessa. La stragrande maggioranza degli esami sostenuti col vecchio ordinamento nelle aree di pedagogia, psicologia, antropologia e metodologia didattica, non è valida per accedere al concorso a cattedra. Non è un fake. Accade ad Arcavacata come in altri atenei. I laureati che hanno conseguito il titolo sul confine del millennio, dovranno “ricomprare”, presso le università private o telematiche, gli esami necessari. In alternativa, dovrebbero re-iscriversi a quelle pubbliche e versare un contributo per assicurarsi 24 Crediti Formativi Universitari, i famigerati CFU, equivalenti agli esami non convalidati.
Così s’impone a tutti i livelli il sistema di crediti, esoneri, “prendi tre paghi due”, con tanto di scadenza oltre la quale il prodotto esame non può essere consumato, cioè speso ai fini lavorativi! Fioccano i ricorsi. Dopo l’algoritmo di Renzi, il premio per i docenti plastificati della “buona scuola” e il “sempre più migliori” della ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, questa storia degli esami avariati è l’ennesima chicca del sistema d’istruzione italiana nell’era neoliberista. I più maliziosi sostengono che le università, non solo quella di Arcavacata, vogliono fare cassa. Acquisire i 24 CFU infatti costerà fino a 500 euro. Qualcuno fa notare invece che potrebbe trattarsi di una scelta dettata dalla pigrizia: per i responsabili dei dipartimenti sarebbe stato faticoso ricostruire obiettivi e contenuti formativi di ciascuno degli esami sostenuti col vecchio ordinamento. Di certo la situazione è poco chiara, soprattutto dopo la scissione tra il dipartimento di LIngue e Scienze dell’Educazione e quello di Studi Umanistici, avvenuta pochi anni fa. Intanto, forse anche per fronteggiare la cascata di proteste, con un decreto d’urgenza, mentre per strada e nelle rispettive case gli aspiranti docenti erano impegnati nel consumo sfrenato di cuddrurìaddri e altre pietanze natalizie, l’Unical ha deciso di convalidare un numero esiguo dei vecchi esami. Che si sia trattato di un regalo di Natale?
Ma qual è il percorso che deve compiere il laureato che vuole diventare docente scolastico? Esistono due canali, uno per gli abilitati e l’altro per quelli sprovvisti di abilitazione. I già abilitati accedono direttamente all’orale. Il 40 per cento della valutazione dipenderà dal voto della prova, il restante 60 dai titoli. All’esito del concorso si strutturerà una graduatoria regionale di merito, a esaurimento. Ma chi accetterà di esservi inserito, dovrà rinunciare alla possibilità di entrare nelle graduatorie d’istituto. Significa che in attesa di prendere servizio, non potrà effettuare supplenze.
Di fatto, dopo la SIS e il TFA, così il FIT vincola la figura dell’abilitato. Tuttavia coloro i quali sono già in possesso dell’abilitazione, se supereranno l’esame, passeranno direttamente al terzo anno, quello di prova.
Per tutti gli altri, il cammino è molto tortuoso. L’Unical ha diramato le modalità per l’espletamento della procedura il 15 dicembre. Dal 22 gli uffici hanno funzionato a mezzo servizio. Dal 2 al 5 gennaio l’università è chiusa per decreto rettorale. E non esiste un numero di telefono al quale si possa chiedere uno straccio di informazione. C’è solo un indirizzo email. Entro il 7 gennaio i candidati devono inviare un modulo per farsi riconoscere alcuni degli esami già sostenuti, qualora tali esami compaiano nelle griglie approvate dall’Unical secondo criteri non proprio chiarissimi. Per acquisire questi 24 CFU, dopo il 7 gennaio l’aspirante docente dovrà scegliere quale attività formativa seguire prima di affrontare il concorso. Tali attività saranno erogate in streaming. Ironizzando sul fanatismo della formazione dei docenti, che negli ultimi anni ha trionfato negli ambienti governativi, in tanti si interrogano sui livelli qualitativi che un corso on line possa offrire. All’esito del minicorso si terranno degli esami che si presume saranno molto formali: forse i soliti quiz a risposta multipla. Ed è difficile ipotizzare che chi ha pagato per acquisire i CFU potrà essere bocciato. In seguito è prevista la partecipazione a tre prove concorsuali, due scritte di cui una in ambito disciplinare e l’altra nel campo della metodologia didattica, superate le quali l’aspirante docente entrerà nella Formazione Iniziale Tirocinio, di durata triennale. Il vantaggio rispetto al passato è che i neo-insegnanti saranno retribuiti per i primi due anni al 50 per cento dello stipendio di un docente normale. In questo biennio affiancheranno colleghi già di ruolo e frequenteranno una serie di lezioni in ambito accademico: un mix tra tirocinio e percorso seminariale. Il terzo anno è quello di prova: l’aspirante docente sarà sottoposto a regolari controlli da parte dell’istituto. Così diventerà prassi istituzionale il sistema di spionaggio sul modello call center, attuato negli ultimi anni dai presidi-sceriffo nella scuola-azienda. Ciascun istituto scolastico potrà decidere di non immettere in ruolo il tirocinante. Viene spontaneo chiedersi in questo caso che fine farebbe l’aspirante professore bloccato a un passo dal traguardo. Ma si sa: oggi la scuola pubblica italiana richiede personale docente“sempre più migliore”.
Claudio Dionesalvi