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Sicurezza: Alimentare insensate paure per coprire le vere problematicità

Lo scorso venerdì si è tenuta nell’aula ssp1 del dipartimento di Scienze Politiche, un’assemblea pubblica sul tema della sicurezza all’interno del campus convocata a seguito dell’ultimo, ambiguo, atto vandalico verificatosi la notte del 4 aprile all’interno del cubo del dispes. 

Come Progetto Azadi all’indomani degli atti vandalici perpetrati ai danni del cubo 18c del disu rispondemmo occupando l’aula f4 dello stesso cubo, perché riteniamo che solo facendo vivere gli spazi deserti dell’Unical si può garantire sicurezza, e non attraverso la militarizzazione del campus o, peggio ancora, attraverso la chiusura degli spazi. Ad oggi, l’unica “incursione” vandalica ai danni di quel cubo si è verificata nel periodo delle vacanze natalizie, quando il campus era semideserto. Abbiamo dimostrato e stiamo dimostrando che ciò che occorre per rendere sicuri i nostri spazi, eventualmente per strapparli al degrado e all’abbandono, non sono i presidi di forze dell’ordine, la chiusura anticipata, la blindatura o le telecamere ad altissima risoluzione, bensì la socialità, l’aggregazione, il confronto e la condivisione di spazi e saperi tra studenti e tra studenti e docenti. All’interno di quello spazio autogestito abbiamo realizzato iniziative culturali, artistiche, politiche, cineforum e lezioni con i docenti di quest’università. La nostra idea di sicurezza quindi, più che sciorinarla nuovamente alle orecchie dei piani alti dell’Unical preferiamo praticarla quotidianamente. Per questo motivo in quell’assemblea abbiamo posto nuovamente e animatamente all’attenzione del rettore e dell’assemblea (in uno dei pochissimi momenti di discussione organizzati) quelle che secondo noi sono le vere drammaticità e le priorità che dovrebbero essere nuovamente discusse nel dibattito politico dell’Unical.


L’Università della Calabria ha assunto le sembianze di un comitato d’affari e di un palcoscenico per il Partito Democratico e la giunta regionale. Uno degli ultimi avvenimenti dimostra questo. Parliamo del recente caso dei fondi per l’edilizia sociale destinati ad un progetto pilota per la realizzazione di edifici sperimentali, trasformati in stipendi per i collaboratori di alcuni docenti universitari e un assessore regionale. Per non parlare delle innumerevoli volte in cui un campus, che dovrebbe essere autonomo e critico rispetto al potere politico, è diventato una vetrina per Oliverio e la sua giunta nonché per il Ministro degli Interni Marco Minniti. A tal proposito, riprendendo uno shakespeariano articolo uscito sulla Gazzetta del Sud, “lo shock da parte dei professori che si sono trovati buchi enormi nelle porte” avremmo voluto vederlo quando ad essere vandalizzato è stato il diritto al dissenso, in occasione della contestazione da parte di studenti, docenti, occupanti di case, migranti e disoccupati del suddetto Dem Minniti, quando il corteo venne brutalmente caricato mentre tentava pacificamente di esporre uno striscione sul ponte scoperto e in questo contesto uno studente venne ferito ad un occhio proprio da un poliziotto.
L’Unical di cui stiamo parlando è un’università sempre più escludente. Negli ultimi anni ha visto aumentare in maniera spropositata la tassazione, mentre IL RETTORE, dopo aver causato un buco nel bilancio di ben 2,3 milioni dovendo restituire al MIUR i fondi del PON-I Contact senza dare spiegazioni in merito (tra le altre cose i verbali di CdA e senato accademico fioccano di OMISSIS) e aver stretto il cuneo fiscale sui redditi medi e bassi sbeffeggiando gli studenti “più poveri”, tentava di mistificare l’ennesimo scempio del diritto allo studio millantando di aver allargato la fascia di esenzione dal pagamento. Niente di più falso, poiché tale allargamento è solo apparenza, i valori ISEE infatti si sono alzati per tutti in seguito alla finanziaria adottata dal governo Renzi (non vuol dire che siamo tutti più ricchi, ma semplicemente più tassati) patrimonializzando ulteriormente i beni posseduti dai ceti medio-bassi, escludendo una tassazione realmente progressiva che costringe i poveri a pagare quanto i ricchi. L'innalzamento quindi, ad una fascia maggiore di esenti dal pagamento è pura apparenza numerica che non corrisponde a nulla di concreto. Il tutto si colloca coerentemente nel contesto di smantellamento dell’Università pubblica che i “governicchi” di diverso colore politico portano avanti da anni, dalla Gelmini al governo Renzi (ultimi tagli totali su ricerca e università pubblica ammontano a ben 10 milioni). La ricerca è ormai ridotta all’osso, divenuta mera palestra di precarietà, le università ridotte a parcheggi sociali dove attendiamo di laurearci in precarietà e disoccupazione con il massimo dei voti e un voucher omaggio gentilmente elargito dai vicini call center.


In questo contesto la militarizzazione del campus e quindi la richiesta dell’intervento degli agenti in divisa, che hanno il compito di controllare gli studenti, rappresenta un’ulteriore tappa verso la privatizzazione dell’Università e la criminalizzazione di una generazione valutata, sfruttata ed ora anche sorvegliata e punita.
Come risposta a tutto ciò, crediamo sia essenziale ridefinire i rapporti tra gli studenti e tra gli studenti e i docenti, al fine di creare un corpo sociale coeso, capace di ricercare una sicurezza sociale fatta di luoghi di condivisione e cooperazione, luoghi di dialogo e confronto che sappiano essere fucina di cultura critica, dove si agisca con determinazione per sconfiggere l’(in)cultura della paura (tanto cara e redditizia a tutta la classe dirigente e politica di questo paese) che genera diffidenza verso l’altro e insicurezza per il futuro.

Progetto Azadì

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