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#Ciroma30 A coloro che c’erano,ci sono,che verranno

Trent’anni di Ciroma
A coloro che c’erano, ci sono, che verranno.

Come scrivevamo nel 1990, caro amica o amica, o parlando con decenza, compagno,
queste nuove righe per qualche riflessione come si conviene ad un compleanno.

Dieci anni fa uno scritto simile a questo ragionava sui figli dei ciromisti che erano diventati grandi e che molti nuovi compagni non erano neanche nati quando noi s’inizio’ a camminare e “Siamo stati naviganti-Con l'acqua alla gola-E in tutto questo bell'andare-Quello che ci consola-è che siamo stati lontani-E siamo stati anche bene-E siamo stati vicini-E siamo stati insieme” e il ciromista di prima generazione comprende quando sia stato a noi vicina l’opera di Ivano Fossati.

Dieci anni dopo Ester interviene dal Festival di Sanremo, Nino vive a Londra, Valentina a Torino e nuovi compagni si avvicendano al microfono venuti nel frattempo a rinnovare le schiere eternaute di calabresi narranti come strani dervisci usciti dalla prosa di Battiato. Siamo ancora ciromisti perché mai praticammo il ciromismo.

Io non c’ero sugli scalini della Zumbini quando s’iniziò a parlare di costituire un’associazione che si occupasse di noi e del Sud ritrovando a liberare Tempo, condividendo cibo e parole, e pensando a mettere Festa nel calendario urbano perché di questo c’era bisogno. Molto contò anche per quei compagni ritrovarsi allo stadio a vedere il Cosenza per resistere e non essere più soli. Poco tempo dopo gli ultrà del Cosenza furono vasi comunicanti della Ciroma. E a proposito di pallone mi si permetta di ricordare lo splendido goal di Ciccio Inglese con cui battemmo i compagni del Gramna sul neutro di Potame. Meglio ricordare una partita che le affinità e divergenze politiche di quegli anni quando il peggior nemico era quello che ti stava più vicino. Ne abbiamo avuto sempre ragionevole consapevolezza che era pratica da non perseverare.

C’ero però alla prima riunione alla Cooperativa di Carlo Cuccumarino. Ero uno dei più giovani di quei compagni con cui avevo vissuto gli anni Settanta nati da un gran fracasso.
La sconfitta ci aveva disperso. Ci rimettemmo a discutere. A trovare una sede. Come succede in queste vicende, qualcuno andò via subito. Ma i più restammo.

Parlammo tanto. Franco Piperno era tornato dall’esilio che per noi mai era stata latitanza. La sua parola poetica che sempre ti spiegava la conoscenza del mondo fu guida del nostro agire. Parole molto ascoltate.

Cosenza è diventata più ricca con Ciroma in questi trent’anni. Il periodo uguale a quello della celebre guerra è stato un riprendersi un senso del mondo, scoprire le passioni latenti, non farsi travolgere dalle oscenità del moderno. Una sensualità passionale e autentica che ha sempre ricevuto un rispetto benevolo e compiaciuto anche di chi ciromista non è. Sarà stato il senso dell’ospitalità e quell’aprirsi al confronto sulle parole della politica, la verità rivoluzionaria del senso comune che cerca un luogo dove affrontare le opere e i giorni di una città che abbiamo contribuito a far conoscere e amare come un organismo vivente.

Ci sono sempre piaciute le strade laterali, i vicoletti bui dietro la via principale, dove s'incontrano avventure, sorprese, oggetti preziosi gettati nella polvere. Rubando le parole al poeta possiamo dire che Cosenza è una città piena di strade e tombini, piena di santi, eroi, poeti, mendicanti, pazzi, piena di banalità e di roba da bere , piena di pioggia e di tuono e di periodi di siccità. Piena di afa e di vento della Sila. Una città piena di Ciroma.

A quel tempo il dialetto non si portava. Marcava male. Oggi è tendenza, fa persino figo. Imparammo ad amare il nostro idioma e farlo amare quel dialetto che diventava pubblicità e appartenenza. Qualcuno voleva chiamarla Cunnu, Fu Ciroma,


Gicomo Mancini negli studi di Radio Ciroma commenta l'attentato a Giovanni Falcone

La radio della Ciroma, aperta a “tutti quelli che hanno qualcosa da trasmettere” è stato un utensile prezioso indispensabile ad accogliere e formare giovani ciromisti. Un flusso enorme che ha resistito ad ogni avversità. Vorrei ricordare l’impegno professionale gratuito di mio cugino Giuseppe Leporace che con un suo ricorso amministrativo la salvò dal Decreto che rischiava di spegnerla. Quelle parole furono il compimento di una Campagna che ci diede molta solidarietà e molti furono gli amici e simpatizzanti che contribuirono a fronteggiare i balzelli economici. A quel Tempo toccammo con mano come tutti ci considerassero indispensabili. Una radio libera veramente comunitaria che non ha mai mandato in onda uno spot commerciale. Radio Ciroma come riferimento nei giorni di Genova e dell’operazione No Global. Il Ciromagiornale. Tutto questo tempo….

La musica di Ciroma è stata una colonna sonora che ha espresso passioni difficilmente esercitabili su altre frequenze. Le sonorità più varie sono state tracce che ci hanno posto al centro del villaggio globale. I 105, 700 hanno emesso il sound di Seattle prima che diventasse moda, rumori urbani e sperimentazioni sonore hanno accompagnato generi e una moltitudini di voci hanno battuto il tempo. Il gruppo musicale Ciroma di altissimo valore artistico negli anni Novanta ha accompagnato le nostre passioni. I concerti organizzati da Ciroma hanno contribuito a costruire ascolto divertito proponendo gruppi Indie e aggregando le band locali.

Ciroma si è presentata alle elezioni comunali. Si valorizzò il potere della città e la potenza dei cittadini. Il dibattito pubblico fu caratterizzato da proposte quali il reddito di cittadinanza, l’amministrazione della giustizia comunale, la centralità del centro storico. Fummo infantili nella strategia e nelle tattiche “ma chini nascia tunnu un po’ mora quatratu” Non abbiamo vinto ma siamo stati e rimaniamo Bene comune della città. Le nostre liste non hanno mai annoverato professionisti della politica ma semplici cittadini ornati da passioni civiche. Le nostre idee hanno seminato il senso comune del genius loci.

All’ardire delle ordalie giudiziarie Ciroma è stato baluardo delle difese collettive di chi perseguiva le opinioni e i diritti civili. La Ciroma delle donne generose e resistenti. Battuti anche noi dalla sfida della globalizzazione si pratica ancora esodo per restare beat quindi beati. Una certa anima punk e situazionista ci preserva ancora dai molti errori commessi.

Vorrei ricordare i nostri morti ricordandoli da vivi. Il Guru che partorì il nome Ciroma cibandoci di belle storie , l’occhio artistico di Vittorio Giordano, la giovialità di Gegè musicista da sprido, la sapienza di Cristina Piva, il compagno Bruno che ci mostrò le immagini del Muro caduto, il sano bordighismo di Franco Bifarella. la bonomia colta di Antonio Scalercio, il genio sregolato di Di Bona, il confronto critico di Mario Alcaro, lo spirito libero e sibarita di Antonio Schiavelli, l’ironia beffarda di Tommaso Sorrentino. Un caro pensiero anche per Giacomo Mancini, ciromista ad orecchio che con la sua politica municipale e meridionalista ha fertilizzato la nostra crescita.

Alla festa del primo compleanno di Ciroma il 18 febbraio del 1991 il compagno Angelo Gallo propose un questionario alla Woody Allen sulle 5 cose per cui valesse vivere. Le preferenze si concentrarono sull’amore, il sesso, la musica. Forse sono stati questi gli antidoti che ci hanno permesso di poter discutere dei nuovi poteri delle città, dell’astrattezza dello Stato nazionale, di come si combatte la noia ,l’acedia, il lavoro salariato, di come ci si autogoverna.

Ciroma ha sempre saputo far Festa. In una di queste a Dipignano nel 1995 baciai per la prima volta mia moglie Lucia. Fosse solo per questo, trovo grande soddisfazione e affermo che la Ciroma è molto servita a noi tutti. E’ servita a tutti coloro che ne sentono appartenenza per molteplici ragioni. Vi voglio bene ciromisti. Ne esprimo due linee di termometro in più a Massimo Ciglio per la fratellanza, al presidente Marcello Gallo per quello che mi ha insegnato, a Francesco Febbraio per esserci sempre stato, a Carlo Cuccomarino per il ragionamento amicale, a Franco e Marta per avermi fatto meglio conoscere il mondo, a Luca Ardenti per avermi indicato percorsi che a volte non ho saputo seguire.

Lunga vita alla Ciroma. Aspettando ancora Godot.

Paride Leporace

(Nella

foto Giacomo Mancini negli studi di Radio Ciroma commenta l’attentato a Giovanni Falcone)

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