L’attuale emergenza Corona Virus comporta la messa in pratica di procedure e protocolli complessi a tutela della salute pubblica: quasi tutti gli ambulatori medici pubblici hanno dovuto chiudere le porte alla maggior parte dei loro pazienti; parliamo di poliambulatori, consultori, studi medici di base e guardie mediche. Allo stato attuale le possibilità di ricevere assistenza sanitaria domiciliare o ambulatoriale è di molto ridotta, spesso sostituita da assistenza telefonica.
Ma cosa accade se i protocolli in questione vengono applicati con approssimazione? Cosa comporta una scarsa divulgazione delle informazioni sulle pratiche da seguire?
Nella specificità dei consultori familiari di Cosenza e Rende l’emergenza attuale convive con carenze strutturali e di sistema: mancanza di personale, di dotazioni, in alcuni casi l’assenza di macchinari quali ecografi per diagnosticare numerose malattie e sindromi, per monitorare gravidanze, impossibilità di eseguire in loco esami del sangue o tamponi batterici e obiettori di coscienza che ostacolano gli aborti.
Tali disfunzioni si sono inevitabilmente aggravate con le restrizioni che la pandemia ci impone. Il provvedimento regionale parla chiaro: devono essere garantite le prestazioni indifferibili. Parliamo di infezioni acute, sospetti oncologici, algie significative, emorragie ecc., ma solo pochi consultori, come quello dell’università, continuano a prestare servizio per urgenze legate a gravidanza o minacce d’aborto o assistenza per le pazienti oncologiche, mentre moltissimi altri non garantiscono il servizio neppure nelle situazioni d’emergenza, venendo meno all’obbligo di fornire le giuste ed approfondite informazioni circa i nuovi protocolli da seguire e non ottemperando al ruolo preposto di teleassistenza.
La situazione attuale è certamente dovuta ad un insieme di fattori, tutti riconducibili all’assoluta superficialità con cui nella nostra Regione vengono gestiti i servizi sanitari pubblici di prevenzione. Su questi in passato non è stato fatto alcun investimento, mentre moltissimi finanziamenti sono stati garantiti alla sanità privata. Non ci sorprende, quindi, che l’invito che ci viene rivolto sia di recarci dai privati, ma naturalmente questa soluzione riguarda solo chi può permetterselo.
L’emergenza coronavirus sta mettendo in risalto quelle disfunzioni e quei disservizi incancrenitisi in anni di corruzione, clientelismo e privatizzazione delle strutture.
La verità è che la nostra salute, per chi amministra la sanità calabrese, non conta quasi nulla e la maggior parte delle difficoltà che noi cittadine e cittadini incontriamo non è dovuta direttamente alla pandemia, bensì alle politiche scellerate finalizzate al profitto di pochi.