«Eran trecento, eran uomini donne e bambini, e s’accalcavano ai confini!
Me ne andavo al mattino a passeggiare
quando vidi una barca in mezzo al mare
era una barca trascinata dai venti
senza bandiera, colma di malcontenti;
davanti Lampedusa s’è fermata
è stata un poco, poi l’hanno intercettata
l’hanno intercettata ed è venuta a terra
sceser coi volti bassi, e a noi non fecer guerra
Sceser coi volti bassi, e a noi non fecer guerra
ma spauriti misero piede a terra
a uno a uno li guardai nel viso
senza scarpe, con un sacco e il cuore diviso
lì, gli dissero: “ladri, tornate a casa vostra”,
ma la casa è di tutti, non è la nostra;
e li sentii mandar un solo grido:
“siam venuti per vivere, non per il vostro lido”
Con gli occhi grandi e i capelli color notte
un giovane scappò ma furon subito botte
mi feci ardito e verso la celere puntai il dito:
“non potete fare questo”, gridai
“sono nostri fratelli, occhio o saranno guai”
e assaggiai anch’io il manganello
di chi con lo scudo protegge
l’infamia e la vergogna della legge
Quel giorno non volli più passeggiare
e in mezzo a loro decisi di restare
due volte si scontraron con gli uomini in divisa
e l’una e l’altra la dignità rimase uccisa;
ma quando si trovaron nel CIE accalcati ai muri,
s’udirono megafoni e grida di giovani sicuri,
e tra fumo, urla e scintille
piombarono davanti al CIE più di mille
Eran trecento, sbattevano i pugni,
parean milioni, pieni di sogni:
ora, dietro le sbarre a Ponte Galeria
si cuciono la bocca contro la barbarie;
finché lottar li vidi con loro restai,
ma a un tratto venni men, né più guardai
non vedevo più in mezzo alle finestre rotte
quegli occhi grandi e quei capelli color notte
Eran trecento, figli di un’umanità vera, e ora sono sulla scogliera!».
(20 giugno 2015, Giornata mondiale del rifugiato)