di Fortunato Freddamano
Un vento estingua il tremulo d’eco
da cui muovo a facezie:
come passa il tempo e va lontano.
Ma dove?
Insorga l’aria fresca degli occhi zuppi
del dolore orgoglioso di Mimì
sparsi di dignità
alle pietre di questa nostra terra
e agli uomini
non ancora estinti
alla capu china della rassegnazione.
Dignità di un ultimo
e del più, e poi
e poi ancora non è finita.
Cupo e nuvoloso e meraviglioso
sogno
che mi aggioga
di un cupio pensare
che si fa potenza al cuore e
lagrime agli occhi , nel trasalire
al credere che forse
domani sorgerà di nuovo il sole.
Mimì, e mo ti fai sole?
Tu che cercavi di rendere solo
la banalità di un sorriso a chi
da lontano
questa terra naufraga, di speranza.
E scaldi di quel che puoi, ed ergi
in calda bruma
dei tuoi colori .
E ammanti noi che ti guardiamo
e ne spargi
le cose che pensiamo.
E oggi gridano cornacchie e
sensi offesi e stanchi.
E le ingiustizie del mondo urlano
d’ un pianto ca mmece
ohi sorte futtuta ,
è canto pudico sommesso e infinito.
Idi vita.