I C.A.S, centri di accoglienza straordinari, sono immaginati al fine di sopperire alla mancanza di posti nelle strutture ordinarie di accoglienza o nei servizi predisposti dagli enti locali, in caso di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti. Ad oggi costituiscono la modalità ordinaria di accoglienza. Tali strutture sono individuate dalle prefetture, in convenzione con cooperative, associazioni e strutture alberghiere, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici, sentito l’ente locale nel cui territorio la struttura è situata. La permanenza dovrebbe essere limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente nelle strutture seconda accoglienza. Stando ai dati pubblicati dal Ministero dell’Interno, lo scorso Maggio, i C.A.S presenti sul territorio della Provincia di Cosenza sono quarantasei.
Spesso leggiamo di situazioni al limite dell’umano, un sistema in continua sofferenza che in alcuni casi ha dato l’opportunità a noti personaggi della politica locale di speculare e arricchirsi. Basti pensare alle centinaia di migliaia di euro che la famiglia Morrone guadagna gestendo molti centri di accoglienza sul territorio. Le responsabilità della mala-accoglienza sono tutte del Ministero e quindi delle varie Prefetture e Questure locali, una gestione criminale che permette “agli amici degli amici” di ottenere favori e concessioni. Un sistema ormai prossimo all’implosione le cui vittime naturalmente sono i migranti e parte dei cittadini che lavorano come dipendenti nelle cooperative.
Un sistema di accoglienza malato che coinvolge istituzioni internazionali, nazionali, locali e terzo settore, parte fondamentale in questa storia. Le spese le fanno gli “ospiti” di questi centri, la cui voce fa fatica ad uscire fuori nel clamore mediatico, troppo spesso visti come responsabili di situazioni di degrado o altrimenti come vittime indifese, mai come essere umani con diritti, aspettative, idee, speranze.