Si è conclusa ieri la due giorni "Kurdistan:Donne e Rivoluzione". L'iniziativa è iniziata al Centro Sociale Sparrow con la proiezione di "Binxet - sotto il confine", film di Luigi D'Alife, ed è proseguita con un dibattito che ha visto come ospite Silvia Todeschini, appena tornata dal Rojava. La giornata si è poi conclusa con aperitivo solidale.
Il giorno seguente invece, all'Università della Calabria, è iniziato con una discussione sulla gineologia, una scienza alternativa della donna, e su come questa possa rappresentare una forma di liberazione per le donne. A seguire le compagne si sono riunite in una partecipata assemblea nella sede del Collettivo Universitario Progetto Azadi. A concludere la due giorni una festa di autofinanziamento, all'aula liberata del cubo 18, per il pullman che partirà da Cosenza e porterà le compagne ed i compagni cosentini alla manifestazione del 17 Febbraio a Roma in solidarietà agli Hevalen che stanno difendendo Afrin dai bombardamenti di Erdogan.
Il Kurdistan da tempo lotta per l'indipendenza. In questi ultimi anni si è trovato travolto dalla guerra civile siriana e dall'invasione dell'Isis. In questo contesto le donne rappresentano una vera e propria avanguardia rivoluzionaria. La liberazione delle donne è il principio fondante della rivoluzione stessa. In tal senso assume vitale importanza le "teoria della rosa" secondo la quale i petali delle rose coltivano la propria bellezza grazie alle spine che li proteggono dalle minacce. Sono proprio quelle spine che permettono ai petali di sbocciare rigogliosi. Ogni donna è come una rosa che coltiva la propria bellezza grazie all'autodifesa. Difendersi in questo caso ha significato abbattere il sessismo ed il patriarcato della società occidentale.
Ascoltiamo Silvia Todeschini.