Il presidente russo Vladimir Putin e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan hanno preso parte ieri a una cerimonia simbolica che segna la costruzione della prima centrale nucleare turca a Akkuyu (sud della Turchia).
Situato nella provincia meridionale di Mersin, Akkuyu dovrebbe soddisfare il 10% del fabbisogno energetico della Turchia nel momento in cui tutti e quattro i reattori saranno online nel 2025. Il primo reattore dovrebbe essere operativo nel 2023 per celebrare il centenario della Repubblica turca.
L'accordo per la costruzione della centrale è stato sottoscritto nel maggio 2010 ed i finanziamenti arrivano per il 93% dalla Russia attraverso l'impresa statale Rosatom specializzata in energia nucleare. Il costo totale della costruzione della centrale è calcolato in circa 16 miliardi di euro.
Rosatom vorrebbe vendere il restante 49% delle quote, ma finora non ha trovato un acquirente dopo che le compagnie turche si sono ritirate a febbraio. In molti sostengono progetto non è finanziariamente redditizio e che i prezzi dell'elettricità sono troppo alti.
Il progetto Akkuyu è stato criticato in quanto aumenterebbe la dipendenza energetica della Turchia dalla Russia. La Turchia riceve già il 53% del suo gas naturale dalla Russia e i due paesi stanno inoltre costruendo il gasdotto TurkStream (da 12 miliardi di dollari) per fornire gas alla Turchia e all'Europa meridionale.
Putin ha dichiarato: "Abbiamo un compito ambizioso: lanciare la prima unità di potenza nel 2023 in coincidenza con il 100 ° anniversario della fondazione della Repubblica di Turchia. Insieme al mio caro amico Recep Tayyip Erdogan, abbiamo concordato di fare tutto al meglio al fine di adempiere a questo compito."
Sempre ieri è stato ufficializzato che la Russia consegnerà le prime batterie dei sistemi anti-balistici anti-S-400 nel luglio 2019 dopo la richiesta della Turchia di anticipare i tempi di consegna.
Oggi invece, tra un affare ed un altro, Erdogan e Putin incontreranno il presidente iraniano Hassan Rouhani per discutere della strategia in Siria.
Luigi D'Alife