Daevid Allen è tornato sul pianeta Gong, forse per prendere il posto che gli spetta nell’ Unico Tempio Invisibile.
O magari come Zero, il suo alter ego presente nella grande mitologia narrata nel corso di quarant’anni e 6 album – la grande saga di Radio Gnome– , è diventato un Androide-Sferoide-Zeroide pronto a godersi un’esistenza libera dal proprio corpo.
Quel che sappiamo, in modo più cinicamente reale, è che un tumore ha stroncato uno dei maestri della musica, non semplicemente del Rock Progressive, del ‘900(e anche 2000).
Lui, fricchettone australiano, si trasferì presto in Inghilterra. Lì conobbe un sedicenne imbelle che rispondeva al nome di Robert Wyatt, e con lui formò quella leggenda che furono i Softmachine. Alcuni problemi burocratici legati al permesso di soggiorno lo costrinsero a spostarsi in Francia. Della cosa noi, egoiste sanguisughe, non possiamo lamentarci: ci siamo trovati i Softmachine – incredibili specie fino al quinto album – e allo stesso tempo abbiamo avuto anche i Gong – incredibili specie con Allen alla guida..
Soffermiamoci sulla sua produzione più importante e universalmente riconosciuta come capolavoro, creata da quel grande progetto/gruppo capitanato da Allen che risponde al nome di GONG, la trilogia “Radio Gnome Invisible“, formata dagli album Flying Teapot (Virgin, 1973) , Angels Egg (Virgin, 1973) e You (Virgin, 1974).
La prima difficoltà è inserirla in un contesto di genere, casomai si dovesse presentare questa urgenza, in quale archivio catalogarla? Da bravi paraculi l’inseriamo nel grande calderone del Prog? Ci avventuriamo in altri macro o sottogeneri? Diciamo che è Space rock? Diciamo che è Folk? Diciamo che è Psichedelico? Diciamo che è scena di Canterbury (nonostante Allen fosse australiano e la band si è realmente formata in Francia e Spagna)? Diciamo che è un Jazz elettrico e distorto? Secondo me avremmo ragione in tutti i casi. Anche torto, abbondiamo.
In quegli album troviamo quello che si poteva trovare da Syd Barrett a Frank Zappa, dalla West Coast Americana fino a Canterbury, il tutto perfettamente equilibrato, per usare un termine da programma di cucina, dove quello che esce fuori è questa amalgama tutta nuova, caratterizzata da un ampio utilizzo di suoni “sintetici”. Quel che si nota appieno è anche la capacità nel raccontare una “storia”, trattandosi di tre concept album a loro volta collegati fra di loro, senza rimanere troppo legati al concetto di “canzone” cosa non riuscita appieno ad altri concept album di gruppi mammasantissima come Yes, Genesis o gli stessi Pink Floyd.
Quello che si narra poi, e qui ha avuto grande influenza Gilli Smyth, poetessa e compagna di Daevid Allen, è un incredibile viaggio che trasuda gli ultimi resti di quella Summer of Love avvenuta qualche anno prima. Riassumere la storia che si nasconde in questi tre album sarebbe complesso, vi invito a trovare i loro testi, vi posto anche un link più o meno esaustivo:
http://it.wikipedia.org/wiki/Mitologia_Gong
Dei Gong Allen disse questo
“Qualsiasi cosa i Gong significhino per te, è molto probabile che significhino per qualcun altro l’esatto opposto, il che è molto soddisfacente per me. Sono orgoglioso dello spirito libero dei Gong, che non è mai stato compromesso per ragioni commerciali, giuste o sbagliate che fossero”
(Daevid Allen)
Per me è un motivo in più per volergli bene.