“più di 45 insieme.. non è sempre divertente”
Come dice Graham Nash i CSN suonano insieme dal 1969 e martedì 4 ottobre sono stati a Roma per l’ultima tappa Italiana del loro tour Europeo.
Non ci sarebbe potuto essere contesto più solenne dell’Auditorium Parco della Musica per tale evento.
La bellissima sala Santa Cecilia è stata riempita da un pubblico composto maggiormente da fan storici della band e da qualche “giovane” che li vedrà per la prima volta.
Preso posto rapidamente in galleria veniamo accolti dalle note di una sinfonica “A day in the life” che alimenta la giusta tensione fino allo spegnimento delle luci.
Si comincia con “Carry On”, un inno! Il sottoscritto, trattandosi della prima volta è ipnotizzato dalle voci dei tre, gli acciacchi dell’età sono stati annullati dalla loro intesa perfetta. Sembrano proprio essere la loro età e i loro tascorsi gli argomenti principale prima del live, nulla di più inutile.
Stills seppur con una voce più rauca dimostra come la musica del gruppo è tutta un’altra storia dai concerti a due o da soli. Fin dalla prima canzone Stills si prende un assolo dietro l’altro. Nash capelli bianchi a parte non è cambiato una virgola, conduce lo show, ride e interagisce col pubblico. Crosby ha il suo stile (non è facile descriverlo senza farlo passare per un burbero) e una voce delicatissima che all’occorrenzsa spinge senza fatica.
Tuttavia dopo “Marrakesh Express” e “Long time gone” chi ci pensa più?! Siamo immersi completamente nello spettacolo e ci rendiamo conto di essere di fronte a qualcosa di irripetibile.
I tre rockers continuano su questi toni morbidi alternandosi a vicenda su armonie di successo come “Just a Song Before I Go”, Cathedral e la hit di Stills “Southern Cross”.
Deja vu’ diffonde un clima mistico in sala ed è il primo brano in versione estesa. La band lascia spazio ai singoli che verranno infatti presentati subito dopo da Graham Nash: Todd Caldwell alle tastiere, Ross Kunkel alla batteria, Kevin Mc kormick al basso, Shane Fontayne alla chitara e James Raymond, figlio naturale di Crosby che segue da anni in tour.
La prima parte della scaletta viene chiusa da una versione spumeggiante di “Love the one you’re with” di Stills che inizia con un bel riff crunchy che la rende decisamente più rock della versione origiale.
A questo punto Nash annuncia 20 minuti di pausa: “Dont go away!”
La seconda parte dello spettacolo inizia con la dolcissima “Helplessy Hope” che pervade la sala con armonie di rara bellezza soprattutto quando la voce mediana di Crosby sovrasta leggermente le altre (per volume si intende).
“we played to cross the land where the music have no end”
A questo punto Nash che ha gestito i tempi dell’intero spettacolo coglie l’occasione per dedicare un brano ai suoi compagni d’avventure, “Golden days”. Una canzone nuova scritta insieme a Shane Fontayne che farà parte del suo prossimo album. Un brano semplice che non colpisce forse per le melodie quanto per il significato e per l’intensità che riesce a dare Nash.
“new songs are the breath of life”
È il momento degli inediti ed è così che David Crosby introduce il suo nuovo brano, la folla pende dalle sue labbra e come se ci stesse per svelare il segreto della vita seguono interminabili secondi di silenzio rotti da un “dajeee” di uno spettatore. Crosby se la ride, imita il verso del ragazzo e riprende lo show con “Somebody Home”, un delicatissimo brano acustico dalle chiare tinte blues.
Arriva il momento sempre attesissimo di “Guinneveere”, basta una chitarra e le voci di Nash e Crosby per far sciogliere il pubblico in una sensazione onirica.
“Just by looking back, I can tell you life ain’t so scary.”
A questo punto arriva il momento dell’inedito di Stills, “Virtuale World”, una sognante ballata rock con esplosioni irregolari di chitarra elettrica.
Dopo gli inediti i tre tornano a far cantare il pubblico e non c’è pezzo migliore di “Our House”, è emozionante sentire tutta la sala Santa Cecilia intonare e scandire parola per parola il ritornello. Stesso discorso vale per “Chicago” che vede il solito trascinatore Nash al piano. Da quì in poi l’entusiasmo è incontenibile i tre imbracciano la chitarra elettrica e chiudono con “Almost cut my Hair” e “Wooden Ships”.
Tutti ci aspettiamo il bis e dopo la solita inutile attesa la band torna sul palco e suona “Teach your children” e “Suite: Judy blue eyes”, c’eravamo quasi cascati!!
Tony Leaf