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I ragazzi della serie B.

Dopo il pareggio casalingo contro la Sicula Leonzio, mi viene da guardare questa foto.

serie b

È stata scattata martedì scorso. La guardo attentamente e penso che l'aspetto più simpatico di questa vicenda del Cosenza calcio in crisi di gioco, risultati, presenze allo stadio e identità, è che ogni volta che la fine sembra ormai prossima e il consenso nei confronti della società creata a tavolino nelle stanze istituzionali sfiora livelli di non ritorno in fatto di popolarità e consenso elettorale, arriva lui, Mario Occhiuto, a riportare tutti sulla retta via.

Arriva lui con i suoi messaggini social (rassicuranti e inquietanti al tempo stesso) e con le sue telefonate d'urgenza al patron Eugenio Guarascio.

Telefonate seguite quasi sempre da convocazioni in Comune per fare il punto della situazione in vista dell'ormai prossima costruzione del nuovo stadio, dell'ormai prossimo approdo in serie B e poi magari anche in A.

Perché se non ci fosse lui, l'illuminato Mario Occhiuto, a far suonare la sveglia - perennemente e volutamente inceppata - sul comodino di Guarascio, il Cosenza probabilmente sarebbe destinato a un sonno più agitato delle idee tattiche dell'ex ct azzurro Gian Piero Ventura.


E allora eccolo lì Guarascio, con tanto di cappotto grigio scuro, piega cotonata (di quelle che si fanno prima dei matrimoni) e sorriso di circostanza, davanti al primo cittadino bruzio che gli dice per la centosettantaduesima volta che è il caso di cambiare marcia e che partite come quella persa con il Catanzaro non si devono più vedere.

E lui, Guarascio, condivide, dando sfoggio, furbescamente, alla sua espressione facciale più compiaciuta. Condivide e promette addirittura un riscatto coi fiocchi nel derby di ritorno, una programmazione ambiziosa già a partire da domani (al massimo dopodomani) e tante altre cose belle.

Una sorta di rilancio continuo e continuato, che ricorda tanto i ritornelli snervanti e compiacenti delle canzoni di Alvaro Soler e le rivoluzioni annunciate in Figc e mai realizzate da quel Carlo Tavecchio poco amato dallo stesso presidente rossoblù. Poco amato, eppure, mai come adesso, così simile a lui.

E forse è proprio questo il punto, il Cosenza somiglia alla Nazionale italiana di calcio: privo di idee, coraggio, di calciatori freschi ed esperti capaci di far sognare i propri tifosi, privo di un settore giovanile serio non solo a parole e privo di reale passione da trasmettere agli altri e a se stesso.

Mancano la voglia e il brivido ingenuo e sognante di puntare davvero in alto senza pensare eccessivamente agli interessi personali. Mancano studio, ricerca, competenza, quella che non avrebbe mai portato un direttore sportivo come Trinchera dalle parti del San Vito-Marulla.E manca amore per ciò che si fa.


Guarascio, quando sembra a un passo dal fare quel famoso salto di qualità (magari senza averlo programmato) in grado di dare un respiro ampio alla propria azione imprenditoriale, riesce sempre a distruggere tutto.

Torna al punto di partenza, allo start, a Palazzo dei bruzi. Sì, riparte sempre da lì, brindando subdolamente, con tanto di calice in mano, ad una svolta che sa bene che non arriverà mai. Perché in fondo non gli conviene.

A meno che in serie B, e poi magari anche in A, non ce lo porti proprio lui, l'illuminato e social Mario Occhiuto, con il suo megagalattico e fondamentale "Cosenza Stadium" di provincia da iniziare a costruire prima delle prossime elezioni regionali.

Francesco Veltri

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