Non sappiamo come andrà a finire la vicenda del trasferimento del Fermi e del Quasimodo ma sappiamo come è iniziata e sta continuando e tutto questo tracciato fa risaltare in maniera incontrastabile la cattiva azione politica di una istituzione come quella della provincia cosentina.
L’inizio è stato folgorante, ovvero la decisione di evacuare una scuola a inizio anno scolastico sostenendo che l’edificio ospitante dovesse crollare da un momento all’altro. Sono passati 6 mesi e l’edificio è ancora lì nonostante a Cosenza ci siano stati 2 o 3 scosse sismiche di media entità sufficienti, secondo i calcoli della provincia, a fare implodere lo stabile in questione.
Non solo. Chi giornalmente passa dal quell’edificio può notare come nessun segno visibile, crepa-lesione-incrinatura, comprovi le analisi strutturali fornite dalla provincia ma come all’interno del cortile parcheggino le macchine, si continui ad entrare per consultare l’archivio e per i più fortunati scorgere qualche attività sportiva nella palestra.
In virtù di questa decisione il Fermi ha perso una 80ina di alunni trasferitisi in altre scuole e tutto il corpo docente della stessa scuola è stato fiaccato da questa vicenda che cozza contro i principi del buon senso.
Ma lo sviluppo della vicenda è stato ancora più inquietante.
Per compensare in qualche modo la popolazione del "Fermi" Iacucci decide di regalarle la scuola più moderna e attrezzata della città, la struttura che ospita il Geometra Quasimodo. Una decisione unilaterale, padronale, violenta come la decisione di evacuare il Fermi, sortita senza nessun confronto con le parti in causa e tenuta inopinatamente segreta prima che i docenti e le famiglie del Quasimodo abilmente la scoprissero andando letteralmente a stanare Iacucci in una riunione del Fermi in cui esponeva, sempre in maniera carbonara, la sua decisione e invitandolo al Quasimodo per comunicare la maldestra decisione ai diretti interessati.
Prima di allora Iacucci mai si era fatto vedere al Quasimodo per accertarsi de visu come avvenissero le attività didattiche , come fossero gli spazi, come avvenisse l’esercizio quotidiano, se ci fosse bisogno dell’intervento della provincia più volte richiesto dalla scuola, oppure solo ascoltando e dialogando con i docenti proprio come imporrebbe la politica come attività della relazione e della mediazione interpersonale.
Se avesse fatto ciò, evitando atteggiamenti dai contorni aggressivi e punitivi (chissà poi perché), probabilmente non si sarebbe trovato nel cul-de-sac in cui si trova ora per via della grezza e superficiale valutazione della questione, avendo impattando con un mondo, quello scolastico, che è ormai esausto e sfinito dalle inconcludenti incursioni della politica che, invece di sbrigliare, intreccia sempre di più i problemi.
La fine di questa vicenda, dicevamo, ancora non è stata scritta ma forse proprio l’ opposizione e la difesa di chi quotidianamente vive la relazione educativa e didattica facendo emergere il diritto inalienabile alle dignitose e congrue condizioni di studio per tutti gli studenti e senza nessuna distinzione, potrebbe spianare la strada a un dialogo trasparente e sereno in cui, finalmente, la politica possa trovare la vera essenza del suo essere.
Docenti del "Quasimodo-Serra"