Questa mattina doppia azione dimostrativa delle cittadine autorganizzate dell'area urbana di Cosenza. La città si è svegliata con un centinaio di manifesti che hanno ricoperto Piazza Bilotti e con le fontane di Via Arabia che hanno preso il colore del sangue frutto della violenza della società patriarcale e maschilista. La mobilitazione è continuata con un altra azione dimostrativa,questo pomeriggio, all'ospedale di Cosenza. Qui sono stati sensibilizzati pazienti e medici difronte ai maltrattamenti sanitari e difronte a dei dati davvero preoccupanti. Di seguito il comunicato dell'azione.
Nelle nostre esperienze con il sistema sanitario calabrese ci è capitato di dover subire trattamenti indegni, deumanizzanti, da denunciare per evitare che altre donne debbano subire quello che è toccato a noi. Consultori, reparti di ginecologia, unità per la cura del cancro, in molti di questi luoghi spesso non abbiamo trovato cure adeguate, ma maltrattamenti.
Oggi noi cittadine di Cosenza siamo andate nell'ospedale della città ed abbiamo distribuito volantini tra pazienti e medici, mostrando alcuni dati:
-un paziente su sei è costretto a spostarsi in strutture del nord per curarsi, a causa di mancanza di posti e bassa qualità clinico - gestionale.
-In Calabria solo il 34, 6% di donne hanno effettuato una mammografia, il 31% il paptest ed il 29% il test dell'HIV. Questa scarsa prevenzione ha portato 4800 nuovi casi di tumore fra le donne.
-Altro grande problema è riservato all'interruzione Volontaria di Gravidanza, a Cosenza, infatti, la struttura ospedaliera ha affidato questo servizio a strutture private. Ancora una volta si va a ledere la libertà e l'emancipazione femminile, sbandierando falsi ideali.
-Tra il 6,6% e il 10% di pazienti del Sud rinuncia a visite a causa dei lunghi tempi d'attesa.
È stato registrato anche un disagio economico a causa delle numerose spese sanitarie non rimborsabili dal Servizio Sanitario Nazionale.
-L'85% delle donne in gravidanza non presenta fattori di rischio, eppure vengono seguite principalmente e interamente da medici (Adetti alle cure delle patologie, e non delle esigenze fisiologiche, compito dell'ostetrica). Si assiste dunque ad una medicalizzazione del parto e della gravidanza.
In Calabria inoltre la media di visite e di ecografie è tra le 5/7, mentre basterebbero 4 visite. Si continua ancora una volta a lucrare sul corpo delle donne. Stessa cosa avviene per i parti cesarei, che superano il 37% (numero esageratamente alto).
Inoltre nella maggior parte dei casi non vengono tenute in considerazione le decisioni delle donne: L'utilizzo di tecniche non farmacologiche, il desiderio di non far assumere al bambino latte artificiale ma materno (87,8%), assistenza a domicilio, posizione del parto (93,5%).
-È prevista la chiusura dei consultori, strutture dispensabili per assicurare i servizi di assistenza sociale, psicologica e sanitaria, di singoli, coppie e famiglie.
L'età media del personale del consultorio è di 55 anni, sono previsti 22 pensionamenti, ma nessuna nuova assunzione.
Potremmo aggiungere una lunga lista di cose che non vanno, dalle diagnosi sbagliate su patologie gravi come il cancro, in cui la tempistica non è cosa da poco, fino alle difficoltà nel reperire in farmacia la pillola del giorno dopo e al moralismo d'accatto per chi decide di abortire. Alla luce dei tanti errori commessi sulla nostra pelle, dopo aver incontrato molte donne che sono dovute scappare dal sud al nord per curarsi, dobbiamo iniziare ad agire anche sulla sanità. Queste questioni, troppo a lungo trascurate, sono di vitale importanza. Per noi è venuto il momento di dire basta. Non saremo più complici di questa violenza sui nostri corpi. E' venuto il momento di reagire a questo indegno modo di trattarci.